Molte aree dell’Alta Italia e della Toscana — come il bacino dell’Adda, la zona di Alessandria oppure l’Arno pisano — sono contaminate da Pfas, i composti perfluoroalchilici usati per decenni come impermeabilizzanti e come antimacchia per pellami, abiti, moquette, divani e scarpe ma anche come antiaderenti per carte forno, bigliettini adesivi attacca-stacca e padelle.
Gli Pfas contaminano le acque del Veneto centrale, soprattutto la zona pianeggiante compresa tra le province di Vicenza, Padova e Verona, ma in Italia la maggiore contaminazione da Pfas si riscontra in tutte le zone di produzione e di utilizzo di questi composti. Ed emerge una contaminazione la cui fonte non è ancora stata individuata lungo il bacino del fiume Serio, nella provincia di Bergamo.
Non si sa ancora se e quanto sono pericolosi questi composti, per i quali non ci sono vincoli o limiti tranne in Italia e in pochissimi altri Paesi.
L’assenza di conoscenze e di regole per gestire l’eventuale rischio ha fatto sì che gli Pfas siano stati dispersi nei decenni scorsi in modalità che allora erano del tutto legali, e che nel resto del mondo il fenomeno continui senza alcun controllo.
Scoperta la contaminazione pochi anni fa, in Veneto sono partite campagne di controllo della cittadinanza e in questi giorni è cominciato per circa 85mila persone il secondo “screening” sanitario.
Altissima in Veneto la paura delle persone, soprattutto per i bambini nel sangue di molti dei quali sono scoperti livelli impressionati di composti del fluoro, e ai primi di dicembre l’associazione ecologista Greenpeace ha organizzato proteste a Venezia per sollecitare il risanamento della fabbrica chimica del Vicentino da cui più si è diffusa la contaminazione.
Peraltro l’azienda, la Miteni, ha già avviato da anni un’intensa opera di decontaminazione, ormai quasi del tutto completata.
Carta forno, padelle, divani di pelle
Gli Pfas sono composti chimici del fluoro la cui caratteristica pregiata è l’assoluta inerzia chimica: non reagiscono con nulla, non s’incollano e non aderiscono, non bruciano, non fanno attaccare i grassi ma nemmeno l’acqua, non sono sensibili agli acidi, non si degradano; se ingeriti non sono metabolizzati né digeriti.
Per questo motivo i composti perfluoroalchilici Pfas sono usati come antiaderenti sulle padelle, antimacchia su tessuti, moquette e divani, impermeabilizzanti su pellami e giacconi. Sono l’ingrediente che rende ideali le carte forno, i bigliettini attacca-stacca per appunti, le carte oleate dei salumieri. Si usano come composto antifiamma.
Ma negli anni questi composti sono filtrati anche negli acquedotti del Veneto centrale, soprattutto nelle province di Padova e Vicenza, perché il principale produttore europeo di Pfas si trova da mezzo secolo a Trìssino, in provincia di Vicenza e, ritenuti da sempre innocui, nel mondo non sono mai stati né normati né controllati tranne che in pochissimi Paesi.
L’accumulo nel sangue
Mentre in animali sperimentali gli Pfas assunti tramite l’acqua vengono espulsi senza che abbiano prodotto alcuna interazione con l'organismo, invece dalle esperienze condotte in questi anni in Veneto si è scoperto che nell’uomo queste sostanze non riescono a passare il filtro dei reni e quindi non sono smaltite: nelle persone gli Pfas possono accumularsi senza alcun limite e continuano a circolare nel sangue, raggiungendo spesso tassi altissimi.
Non è chiaro se sono pericolosi: alcuni studi sospettano rischi, altri invece assolvono del tutto gli Pfas.
Il caso del Veneto centrale
La presenza più vasta e diffusa di Pfas è a partire dalla provincia di Vicenza, dove si trova lo stabilimento Miteni, principale produttore europeo. I composti Pfas, ritenuti ancora oggi innocui e quindi non normati in quasi tutto il mondo, sono finiti nella falda acquifera sotterranea sotto allo stabilimento vicentino e da lì i composti hanno viaggiato nel sottosuolo di tutto il Veneto centrale.
Lambro e Olona
Importanti anche le contaminazioni nei luoghi di utilizzo di Pfas, l’area vicentina delle lane e l’area vicentina della concia dei pellami. Quantità rilevanti ma meno diffuse nell’ambiente sono state riscontrate nella zona di Spinetta Marengo (Alessandria) dove uno stabilimento fabbrica prodotti fluorurati e antiaderenti, nella zona industriale lombarda fra i bacini dei fiumi Lambro e Olona, in Toscana nella zona conciaria di Santa Croce sull’Arno (Pisa) e nell’area tessile di Prato.
Le analisi delle acque erano state avviate pochi anni fa sulla base di lievi sospetti a cominciare dalle acque del Po, che mostravano una lieve contaminazione.
Dal Po si è risaliti a un importante stabilimento chimico a Spinetta Marengo (Alessandria), fra i principali produttori di composti del fluoro, e da questo stabilimento è stata fatta un’analisi chimica sul principale fornitore di materia prima, la Miteni di Trìssino (Vicenza), dove è stata scoperta una contaminazione vastissima fino ad allora sconosciuta.
Dallo stabilimento vicentino, tra i più importanti d’Europa, si è voluto verificare quasi per scherzo le acque degli acquedotti della zona: e purtroppo non era uno scherzo.
I risultati a mano a mano che si analizzavano le acque potabili del Veneto centrale rivelavano tassi altissimi di Pfas negli acquedotti.
Dagli acquedotti, in questi anni sono cominciate le analisi sulla cittadinanza, e i risultati sono stati sconvolgenti.
Ora le indagini chimiche hanno rilevato un’altra fonte di contaminazione da Pfas nella provincia di Bergamo, nel fiume Serio, una sorgente di inquinamento forse legata al polo tessile della val Seriana e della val Gandino.
Il Tevere pulito
Con ogni probabilità presenze rilevabili di Pfas si trovano anche nel polo conciario campano di Solofra e nel bacino del fiume Sarno ma non vi sono ancora state condotte campagne di analisi. È stato studiato anche il Tevere ma per fortuna la presenza degli immancabili Pfas è in percentuali fisiologiche e non patologiche.
Per saperne di più
Per saperne di più è molto ricco il rapporto finale del Progetto tra Irsa-Cnr e ministero dell’Ambiente, che mostra la situazione italiana. Lo studio è scaricabile all’indirizzo http://www.minambiente.it/sites/default/files/archivio/allegati/reach/progettoPFAS_ottobre2013.pdf coordinato dal gruppo di ricerca sugli inquinanti emergenti presso dell’Irsa Cnr (l’Istituto di ricerca sulle acque del Cnr) a Brugherio, il cui sito web è www.irsa.cnr.it.
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