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Maschio Gaspardo

«Così siamo riusciti a tornare in attività senza pagare riscatto»

Il Gruppo Maschio Gaspardo, produttore di macchine agricole con circa 323 milioni di ricavi previsti nel 2017, 1.800 dipendenti sparsi in 7 stabilimenti produttivi di cui 3 all’estero (Romania, Cina e India) e 12 filiali commerciali nel mondo, è riuscito a debellare, senza pagare alcun riscatto, un attacco criminale di origine sconosciuta sferrato con una mutazione del ransomware Petya.

Per la prima volta la società racconta in tutti i dettagli come si sono svolti i fatti nei giorni del cyber attacco.

La data è quella del 27 giugno 2017, un martedì, quando sugli schermi di tutti i computer dell’azienda è apparsa la richiesta di riscatto con il pagamento di diverse centinaia di euro per “liberare” ogni pc. Immediatamente è stato attivato il piano di disaster recovery previsto dai protocolli aziendali, intervento che ha poi permesso il recupero di tutti i dati aziendali.

Contemporaneamente sono state allertate le autorità di pubblica sicurezza che si sono recate in azienda. Il team interno di 15 tecnici informatici guidati da Massimo Crozzoli con la collaborazione degli specialisti della Polizia Postale ha poi lavorato giorno e notte per far fronte all’emergenza e creare le basi per la ripartenza dei sistemi e degli impianti. Per ragioni dettate dalla prudenza e per salvaguardare la corretta operatività dell’azienda, caratterizzata da un alto livello di automazione, è anche stata precauzionalmente e temporaneamente fermata la produzione degli stabilimenti italiani pur garantendo tutti i servizi primari per i clienti e i fornitori, che non hanno subito disagio. Per rassicurare dipendenti, clienti e fornitori è anche stato diffuso un comunicato stampa in cui si dava evidenza degli avvenimenti.

Progressivamente sono stati testati i sistemi e la produzione negli stabilimenti italiani è ripartita lunedì 3 luglio, con il rientro di tutti i dipendenti negli stabilimenti.

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