E se alla fine fosse l’Europarlamento a strappare ad Amsterdam la sede dell’Ema, l'Agenzia europea del farmaco, annullando di fatto la decisione dei 27 Governi dell’Unione? Per Milano la speranza di riaprire la gara, persa sul filo di lana il 20 novembre scorso, è legata alla risposta a questo interrogativo: sarà sciolto però soltanto il 12 marzo prossimo quando l’aula di Strasburgo sarà chiamata ad approvare o respingere la proposta di regolamento della Commissione Ue che deve attuare la decisione politica dei Governi.
Il tutto anche alla luce dei risultati della missione della Commissione Ambiente dell’assemblea, presieduta da Giovanni La Via, che il 22 febbraio verificherà in loco stato di avanzamento e tempistica dei lavori per la consegna dell’edificio provvisorio e della sede definitiva che ospiterà l’agenzia in partenza da Londra nel marzo 2019, causa Brexit. La vicenda è complessa, la strada tutta in salita, anche se ieri è stato proprio il presidente dell’Europarlamento, Antonio Tajani, ad affermare che «la scelta in favore di Amsterdam può essere cambiata» e che l’assemblea «deciderà in piena autonomia» alla luce dei risultati della missione La Via.
Milano era e resta una candidatura forte perché risponde a tutti i criteri Ue fissati per superare la selezione meritocratica tra i 19 concorrenti in gara: possiede, dai trasporti a scuole e alloggi, tutte le infrastrutture di base richieste, vanta la collocazione geografica in una regione, la Lombardia, che con Baviera e Rhone-Alpes è tra le più ricche, tecnologicamente innovative e dinamiche dell’Unione. Offre l’humus di un’industria farmaceutica che è la seconda in Europa.
E dispone di un edificio, il grattacielo Pirelli, pronto per l’uso e dunque in grado di garantire l’operatività immediata dell’Ema senza disagi né interruzioni dovute al trasloco da Londra. Al contrario di Amsterdam, la prescelta, che però sembra aver non poco abbellito le sue, se è vero come è vero che per la costruzione della sua sede definitiva ancora non sarebbe stato lanciato il bando di gara e non sarà pronta prima del novembre 2019 e che nell’attesa l’edificio provvisorio messo a disposizione sarebbe inadeguato. Con tutte le incertezze operative e i costi aggiuntivi del caso.
Avendo poteri di co-decisione con il Consiglio, ai termini dei Trattati Ue, l’Europarlamento rivendica un ruolo istituzionale alla pari e rifiuta quello di semplice notaio delle decisioni dei Governi, tra l’altro nell’assegnazione delle agenzie Ue. A metà marzo voterà quindi, e probabilmente a larga maggioranza, per mettere fine a questa prassi per il futuro.
Nel contempo, qualora la missione La Via riscontrasse gravi lacune e criticità sul terreno, assenza di garanzie sui tempi, in breve l’impraticabilità dell’opzione olandese per la dubbia razionalità del doppio trasferimento e quindi della funzionalità della sede di Amsterdam, l’assemblea potrebbe decidere, dati alla mano, di contestare la decisione dei Governi chiedendo l’apertura del cosiddetto trilogo, cioè di negoziati tra Parlamento appunto, Commissione e Consiglio Ue.
In questo caso tra le opzioni possibili, quella di non spostare l’Ema da Londra nel marzo 2019 ma di lasciarvela fino alla fine del successivo periodo transitorio nel dicembre 2020. Un’altra potrebbe invece prevedere la riapertura della partita, con l’avvio di una serie di audizioni del Parlamento per verificare i requisiti delle varie candidature in campo.
Milano avrebbe in questo scenario la sua seconda grande occasione. Un’occasione assolutamente da non perdere.
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