Parole pesanti, a conclusione di una vicenda che si trascina da settimane e che vede da un lato la Embraco, multinazionale del “Bianco” in capo al Gruppo Whirpool, decisa a chiudere lo stabilimento piemontese di Riva di Chieri, nel Torinese, dall’altro il Governo, accanto ai sindacati, che ha tentato una mediazione con i vertici dell’azienda. Nell’incontro di questa mattina è arrivato l’ennesimo rifiuto di ritirare i licenziamenti per i 500 addetti del polo. «Il peggior caso di una multinazionale che dimostra totale irresponsabilità nei confronti di lavoratori e totale mancanza di rispetto nei confronti del governo» ha tuonato il ministro Carlo Calenda.
Alla domanda se ci sarebbe stato un nuovo incontro in ministero e se il tavolo Embraco restasse aperto risposta del ministro è stata dura: «Adesso non ricevo più questa gente perché onestamente ne ho avuto fin sopra i capelli di loro e dei loro consulenti del lavoro italiani che sono qua».
Che succese ora? I tempi, lo ha ricordato il ministro e lo ripetono da giorni i sindacati sono assai stretti, la procedura di licenziamento collettivo infatti resterà aperta fino al 25 marzo, in totale 75 giorni poi null’altro. «Attiviamo urgentemente un lavoro con Invitalia per cercare un percorso di reindustrializzazione per il sito, in tempi molto più brevi perché abbiamo poco più di un mese per chiudere tutto quanto».
«Ci aspettiamo che il governo agisca e trovi comunque delle soluzioni concrete per i lavoratori» hanno sottolineato in una nota congiunta Fiom e Uilm. Una vera e propria trattativa tra l’azienda e i rappresentanti italiani dei lavoratori, delle istituzioni e del Governo non è mai davvero partita. I contatti con i vertici sono stati solo telefonici, l’intera vicenda è stata affidata a rappresentanti legali dell’impresa.
Nei quattro incontri che si sono svolti al ministero nell’ultimo mese il punto centrale della richiesta di Governo e sindacati era il ritiro dei licenziamenti a fronte dell’avvio di un processso di reindustrializzazione del sito, in capo comunque all’Embraco, con avvio di un periodo di cassa integrazione per i 500 addetti. Una ipotesi mai accettata dalla multinazionale. «Abbiamo offerto la massima disponibilità all’azienda, il sostegno per fare un periodo di cassa integrazione con una mia lettera personale di assicurazione sui termini della cassa ma l’azienda ha comunue risposto negativamente». Un atteggiamento incomprensibile, lo definisce il ministro, «perchè tra quanto da noi proposto e la loro ipotesi non c’è una differenza materiale», che aggiunge: «non mi era mai capitato di sentire una impresa che dice che deve licenziare adesso perché altrimenti ha problemi con la borsa. Dimostrando così una totale mancanza di attenzione verso le persone e la responsabilità sociale dell’impresa che raramente mi è capitato di riscontrare».
Domani il ministro Calenda incontrerà a Bruxelles la commissaria alla Concorrenza Margrethe Vestager a cui nei giorni scorsi il responsabile del Mise ha inviato una lettera sulla vicenda Embraco, per chiedere chiarimenti sul regime di agevolazioni fiscali applicato dalla Slovacchia - paese dove Embraco sposterà le produzioni italiane - alle imprese straniere.
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