Economia

Dossier Due Toscane da unire sotto il segno dello sviluppo

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    Dossier | N. 11 articoliRapporto Toscana

    Due Toscane da unire sotto il segno dello sviluppo

    Dove va la Toscana? Dove vanno le Toscane, è in verità la domanda giusta. Perché nella regione dei campanili, anche l’economia ha una sua linea di faglia. Che rispetta le dinamiche del Novecento tra le aree dove l’industria statale o parastatale è stata forte e quella della Toscana dell’imprenditorialità diffusa, dei distretti industriali cresciuti e consolidatisi. Così la ripresa, afferrata dopo anni di Pil in retrocessione, taglia in diagonale la regione dividendo la costa, che soffre, dal suo retroterra che da un triennio ha ripreso a marciare con valori più alti della media nazionale.

    Anche gli investimenti, che nel 2017 hanno viaggiato intorno al +3%, non hanno fatto sostanziali sconti a queste profonde divisioni. Da Firenze fino alla provincia pisana, passando per Arezzo e Siena, un’economia trainata dall’export vede oggi l’effervescenza di farmaceutico, cartario, di una parte di meccanica e soprattutto della pelletteria con importanti investimenti delle grandi firme della moda per aprire nuovi stabilimenti. È un’inversione netta di tendenza rispetto alla stagione della delocalizzazione. A riprova che l’incontro di tecnologia avanzata e professionalità consolidate possono rendere comunque competitivi settori strategici del made in Italy. Contando oltretutto sul collegamento virtuoso con un mondo universitario di eccellenze, in diversi casi dinamico nel trasferimento tecnologico.

    C’è invece l’altra Toscana lungo la costa, dove il ruolo di regia della Regione è fondamentale da anni per tentare di rimettere in moto l’economia travolta dalla crisi dell’industria pubblica e dall’insediamento di molte multinazionali mordi e fuggi. Lo storico deficit infrastrutturale – la mancanza di una rete autostradale, la disconnessione dall’asse dell’alta velocità e alta capacità – permane e si aggrava aggiungendo ulteriori penalizzazioni. Così l’attività della Regione di programmazione e di concertazione, in primis con gli enti locali e il ministero dello Sviluppo economico, ha provato a disegnare delle strade di diversificazione. Ma gli anni della crisi non hanno certo aiutato né a reperire le risorse né a stimolare investitori privati.

    Oggi il futuro è nel rilancio dell’industria meccanica a Massa, a cominciare da BhGe-Nuovo Pignone, per andare oltre la dipendenza dal lapideo che ha redditività elevate ma non sufficienti ricadute sul territorio; nei piani per l’interporto e una nuova Darsena che renda competitivo il porto di Livorno e in una piattaforma logistica per la farmaceutica; mentre più a sud la crisi ha la faccia feroce del crac delle acciaierie di Piombino dove solo in questi giorni si riaccende la speranza con l’ingresso degli indiani di Jindal. Insomma, qualcosa si muove ma far riagganciare la costa alla locomotiva dell’entroterra resta più che mai la grande sfida per la Toscana.

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