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Dossier Frescobaldi e Antinori suonano la carica

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    Dossier | N. 11 articoliRapporto Toscana

    Frescobaldi e Antinori suonano la carica

    Un mix virtuoso di grandi territori e brand di rilevanza internazionale. È l’architrave del vino toscano, che vale un miliardo di euro (secondo Ismea) e conta su 22mila aziende e 57mila ettari. Un comparto che, anche in annate difficili come il 2017, non ha smesso di investire, ristrutturando dal 2000 il 43% dei vigneti. E che vende all’estero il 65,3% delle bottiglie (sopra la media italiana del 52%), secondo Mediobanca Research. Tanto che una bottiglia italiana su 5 bevuta oltreconfine viene dalla Toscana.

    Ma al di là dei numeri, una forte leva di sviluppo è stato il felice connubio tra grandi territori (dal Chianti a Montalcino, da Bolgheri alla Maremma) e forti brand familiari. Come Antinori e Frescobaldi, che hanno saputo sia valorizzare il terroir sia creare nuovi percorsi di crescita. A cominciare dal fenomeno Supertuscan, cavalcato con icone del vino come Solaia e Tignanello per Antinori e Masseto e Ornellaia per Frescobaldi. Senza contare Luce della vite, sempre di Frescobaldi, battuto nelle aste internazionali e diventato un caso di scuola per avere creato una nuova referenza a Montalcino. Anche i numeri raccontano questa leadership: per Mediobanca Research, nel 2016 Antinori è stata la prima azienda privata per fatturato (con 218 milioni) e terza overall per redditività, su cui è top performer Frescobaldi (utile su fatturato al 22,5%).

    Insomma, due cantine che hanno storicamente - per entrambe le origini risalgono al XIV secolo - esercitato un ruolo guida del settore, anche esplorando nuove strade. Come ad esempio la scelta, in una terra come la Toscana nella quale l’88% dei vini è rosso, di puntare sui bianchi. «In passato il bianco toscano era il Trebbiano, prodotto senza ambizioni – spiega Lamberto Frescobaldi, presidente della Marchesi Frescobaldi (1.370 ettari di vigneto e 11 milioni di bottiglie per un giro d’affari di 101 milioni) -. Ma chi ha scommesso su altre varietà come Chardonnay e Sauvignon (che noi produciamo a Castello di Pomino) o chi ha puntato sul Vermentino non si è pentito: di quei vini non rimane una goccia».

    Adesso, invece, la nuova frontiera sembra quella delle acquisizioni. Entrambi i gruppi negli ultimi mesi hanno portato a termine operazioni nel Chianti. A sbarcare nella Docg del Chianti classico sono stati i Frescobaldi, che a settembre scorso hanno rilevato una tenuta a San Donato in Perano. «Non volevamo solo dei terreni ma una tenuta con delle potenzialità: presto debutteremo con l’annata 2015», racconta il presidente. Chi invece era già presente nel Chianti classico e ha puntato nel Chianti colli senesi è Antinori (oltre 2.600 ettari di vigneti tra Italia, Usa, Romania, Cile e 23 milioni di bottiglie), che ha rilevato la Tenuta Farneta a Sinalunga. «Quella delle acquisizioni è spesso una strada obbligata per crescere, perché nell’attuale regime Ue, ingessato dalle autorizzazioni all’impianto, un’azienda che intende rafforzare il proprio potenziale produttivo spesso non ha altra scelta che acquistare vigneti già esistenti», spiega la presidente di Marchesi Antinori, Albiera Antinori (che ha preso il testimone dal papà Piero da sei mesi, dopo un lungo rodaggio con crescenti responsabilità). Quanto alla recente acquisizione in Cile, l’ad di Antinori, il grande winemaker Renzo Cotarella, chiarisce che «qualcuno ha creduto che l’acquisto dell’intera proprietà di un’azienda nella quale eravamo già presenti nascondesse l’obiettivo di costruire una piattaforma per l’export in Cina, visto che i vini cileni godono di esenzioni doganali: niente di tutto questo; è una bella iniziativa, ma marginale».

    Le due famiglie sono accomunate anche dalla strategia su ristorazione e hospitality. Frescobaldi, dopo la locanda Il Quartino a Nipozzano, ha obiettivi ambiziosi. «Tre anni fa abbiamo aperto a Londra il ristorante a nostro nome mentre a Firenze abbiamo da poco cambiato location, spostandoci in piazza della Signoria – spiega la responsabile del business della ristorazione, Diana Frescobaldi -. Abbiamo stretto un accordo con il leader della ristorazione di alta qualità Big food society, per studiare nuove aperture in altre grandi città in Germania e negli Usa». Diana Frescobaldi sta anche contribuendo al successo del consorzio Laudemio, che aggrega 21 produttori. Quello della «Ferrari dell’olio» è un progetto «portato avanti per garantire un futuro al prodotto toscano della migliore qualità, preservando luoghi di bellezza antica», dice la presidente del consorzio (che esporta in Giappone e negli Usa il 65% delle 135mila bottiglie). Forte anche l’impegno di Antinori sia nella ristorazione (la Cantinetta Antinori è a Zurigo, Vienna, Mosca, Montecarlo, Firenze e si aggiunge ai negozi di gastronomia e a una bottega-osteria) sia nell’accoglienza (in particolare nell’avveniristica cantina di Bargino nel Chianti Classico). «Lo scorso anno, tra cantine e ristoranti, abbiamo registrato oltre 300mila visite, che rafforzano la notorietà dei nostri vini», spiega Cotarella. « Le esperienze di ristorazione e hospitality consentono agli appassionati di vino di vivere in modo diretto i nostri prodotti, di cui sanno molto, ma in astratto, grazie a internet», conclude Albiera Antinori, che cammina sicura, con le sorelle Allegra e Alessia (coinvolte nelle attività aziendali) sulla via di una crescita tracciata da 26 generazioni di “vinattieri”.

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