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Dossier Gli investimenti tornano a crescere

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    Dossier | N. 11 articoliRapporto Toscana

    Gli investimenti tornano a crescere

    Il puzzle della ripresa economica della Toscana, che negli ultimi tre anni si è riempito di Pil, export e consumi, si arricchisce di un tassello strategico per alimentare fiducia e lavoro. È quello degli investimenti, rimasti “congelati” dal 2008, cioè da quando è cominciata la Grande crisi, al punto da essere sottratti all’economia regionale 70 miliardi di capitale per nuovi macchinari, impianti e capannoni e 10 miliardi per opere pubbliche. In tutto 80 miliardi di mancati investimenti (calcolati dall’Irpet ipotizzando valori in linea con il trend pre-crisi e sottraendo quanto speso effettivamente in questi anni) che hanno rallentato la marcia (ben avviata) della crescita e dell’occupazione: +1,7% il Pil 2017, superiore alla media nazionale; +6,1% l’export nei primi nove mesi dell’anno scorso; -12% le persone in cerca di lavoro nel 2017.

    Ora finalmente ripartono anche gli investimenti. Gli incentivi del piano nazionale di Impresa 4.0, uniti ai tassi di interesse bassi e alle schiarite sui mercati mondiali, hanno prodotto l’inversione di tendenza. Nel 2017, secondo le stime di Irpet e di Ires-Cgil, gli investimenti hanno ripreso a crescere al ritmo del 2-3%. Anche il sentiment di Confindustria Toscana è positivo, grazie proprio agli acquisti di beni agevolati dal piano governativo.

    Del resto in Toscana le grandi aziende della meccanica, dell’automotive, cartarie, farmaceutiche e della moda hanno già avviato investimenti in questa direzione: da BhGe-Nuovo Pignone (turbine e compressori per l’oil&gas, settore che ora la controllante General Electric sembra intenzionata a vendere) alla multinazionale inglese Gkn (semiassi per auto) e alla Piaggio (veicoli a due ruote), dalla lucchese Fabio Perini (macchine per la carta igienica) alla Fosber (macchine per il cartone ondulato) fino agli svedesi di Essity (tovaglioli di carta), le tecnologie 4.0 stanno migliorando efficienza e produttività. Anche i grandi gruppi della moda, a partire dai francesi Lvmh (con Céline e Fendi) e Kering (con Gucci e Richard Ginori), e della farmaceutica come l’americana Eli Lilly, stanno progettando nuove fabbriche in Toscana nell’ottica 4.0.

    «Adesso tutte le aziende, soprattutto quelle piccole, devono cogliere l’occasione degli incentivi di Industria 4.0 per riorganizzarsi, evolvere, trasformarsi», spiega Alessio Ranaldo, presidente di Confindustria Toscana, che ora intende confrontarsi con le altre associazioni di categoria e con i sindacati per «perseguire l’obiettivo comune: che il sistema economico funzioni».

    «La nostra regione è terra di manifattura, non è la Silicon Valley - aggiunge Ranaldo - e non può pensare di fare quello che non è nella sua natura. Ma quello che fa deve farlo meglio: le multinazionali non vengono a investire qui perché la Toscana è bella, vengono se ci sono condizioni favorevoli e imprese-satellite in grado di fornire prodotti e servizi all’altezza».

    Il risveglio degli investimenti è la leva decisiva per irrobustire la ripresa anche per il presidente della Regione, Enrico Rossi. «Bisogna riprendere a investire con il trend che avevamo prima della crisi», afferma Rossi, che indica due strade: continuare a sostenere gli investimenti privati, sia con finanziamenti regionali (come fatto in questi anni con le imprese dinamiche) che con gli incentivi all’industria 4.0; e stimolare gli investimenti pubblici escludendoli dal Patto di stabilità.

    Una spinta importante sta arrivando dai gruppi stranieri: «Negli ultimi cinque anni la Toscana è stata tra le prime regioni italiane (dopo Lombardia e Lazio) per attrazione di progetti di investimento delle multinazionali - spiega Rossi -. Se a questo aggiungiamo il fatto che i nostri distretti industriali, dati per morti nel 2010, oggi dimostrano grande vitalità e dinamismo, possiamo puntare all’obiettivo in grado di far percepire davvero la ripresa: una crescita del 2%».

    Per il 2018 le previsioni dell’Irpet sul Pil si fermano, per adesso, al +1,5%, dunque una crescita lievemente più contenuta rispetto a quella dell’anno scorso. «Il 2017 è stato un anno per alcuni versi straordinario - spiega il direttore Irpet Stefano Casini Benvenuti - perché il commercio mondiale è andato meglio del previsto, il turismo ha brillato e si è avuto il primo scatto consistente dell’economia».

    Ora per accelerare restano da sciogliere alcuni nodi “storici” come quello infrastrutturale (autostrada Tirrenica, stazione fiorentina dell’Alta velocità, Darsena Europa nel porto di Livorno, terze corsie autostradali, nuova pista dell’aeroporto di Firenze) e quello dei vincoli burocratici e normativi allo sviluppo; e restano da risolvere crisi industriali importanti, prima fra tutte quella del polo siderurgico di Piombino. Ma non solo. «Sullo sviluppo della Toscana incidono altri tre nodi che possono essere sciolti anche col contributo dell’Università», spiega Gaetano Aiello, direttore del dipartimento di Scienze per l’economia e l’impresa dell’Ateneo di Firenze. «Il primo - afferma - è la carenza di talenti, che riguarda anche professionalità artigiane a partire dalla pelletteria, e che impone di riorientare la formazione ai bisogni delle imprese; il secondo nodo è costituito dalle tecnologie 4.0, che devono diventare accessibili alle piccole e alle microimprese; il terzo è quello dei mercati, che devono rappresentare una sfida anche per le tante aziende che oggi lavorano contoterzi facendo prodotti di qualità».

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