Economia

Guerra commerciale Usa-Cina: per l’Italia un miliardo…

  • Abbonati
  • Accedi
DAZI E CONTRO-DAZI

Guerra commerciale Usa-Cina: per l’Italia un miliardo potenziale di extra-export

Quasi un miliardo di euro. Ecco quanto potrebbe guadagnare l’Italia, nei prossimi due anni, dalla guerra dei dazi fra Cina e Usa. Mentre per l’Europa si parla di un bottino aggiuntivo compreso tra i 3,9 e i 7 miliardi. A fare i calcoli è Ludovic Subran, a capo della ricerca macroeconomica di Allianz e chief economist di Euler Hermes, che di questo scenario commerciale ogni giorno più teso ha deciso di guardare al bicchiere mezzo pieno. E se l’escalation dei dazi continuerà a rimbalzare come un ping-pong tra Washington e Pechino senza lambire in maniera diretta il Vecchio Continente - come è successo con l’acciaio - va a finire che tra i due litiganti il terzo gode e ci guadagna.

Il pool di esperti capitanati da Subran è ottimista: se anche la guerra dei dazi dovesse prendere la più brutta delle pieghe e arrivasse a costare ai due contendenti 30 miliardi di dollari in due anni, non rappresenterebbe altro che lo 0,2% del commercio mondiale. Tanto che, comunque vadano le cose, gli scambi globali per il 2018-2019 continuano a essere dati in rialzo del 4% in volume.

Se dunque la Cina farà fatica a esportare 1.333 prodotti negli Stati Uniti, e Washington avrà vita difficile a vendere 106 beni a Pechino, chi si candida a guadagnarci di più pare proprio l’Europa. In quali comparti? Dipende dalla specializzazione dei singoli Paesi. L’Italia per esempio, che oggi esporta beni negli Stati Uniti per oltre 40 miliardi di euro, tra il 2018 e il 2019 potrebbe portarsi a casa quasi mezzo miliardo di extra-export, per la maggior parte concentrato nel settore dei macchinari (circa 300 milioni di export addizionale). Un comparto, questo, che peraltro già oggi rappresenta la prima voce delle esportazioni italiane negli Usa, con oltre 8,6 miliardi di incasso nel 2017. La seconda voce di guadagno per l’Italia sarebbero le apparecchiature elettriche (50 milioni di euro), seguono le apparecchiature ottiche (altri 50 milioni) e la componentistica auto (40 milioni). Nel complesso la guerra dei dazi potrebbe fruttare all’Europa fra i 2,3 e i 4,5 miliardi di extra-export verso gli Stati Uniti. «Oltre all’Italia - aggiunge Ludovic Subran - ci guadagneranno i produttori di macchinari di Germania e Francia, e le imprese dell’automotive e delle apparecchiature elettriche della Gran Bretagna».

EXPORT E PROSPETTIVE DEL MADE IN ITALY NEGLI USA E IN CINA
Fonte: Euler Hermes - Elaborazioni del Sole 24 Ore su dati Istat

Sul fronte cinese il guadagno commerciale dell’Europa sembra inferiore: Euler Hermes lo stima tra 1,6 e 2,5 miliardi di euro in due anni. Per l’Italia si parla di un possibile extra attorno al mezzo miliardo di euro. Significa che sulla direttrice di Pechino il nostro Paese è destinato a guadagnarci, in percentuale, addirittura di più: nel 2017 il Made in Italy ha spedito oltre la Grande Muraglia beni per oltre 13,5 miliardi.

Nel caso della Cina, il grosso dell’extra-export si concretizzerebbe nel comparto dell’aeronautica, le cui forniture aumenterebbero in due anni di 400 milioni di euro in valore. La componentistica auto Made in Italy potrà guadagnare 50 milioni e la chimica invece 8. Questo secondo Euler Hermes: secondo gli esperti della Coldiretti, invece, poiché nel mirino della strategia dei dazi cinese c’è il comparto agroalimentare americano, sarà questo il settore in cui l’Italia potrebbe guadagnarci qualcosa. «La guerra dei dazi apre scenari preoccupanti - ci tiene a precisare il responsabile economico della Coldiretti Lorenzo Bazzana - con il rischio di anomali afflussi di prodotti dirottati sul mercato comunitario che potrebbero rendere necessarie misure di intervento straordinarie». Detto questo, «l’Italia deve essere in grado di cogliere anche le opportunità nel mutato scenario. Ad esempio, la Cina ha aperto da poco il proprio enorme mercato agli agrumi italiani, che potrebbero adesso avvantaggiarsi dei dazi posti a quelli statunitensi». Le arance italiane che entrano in Cina subiscono un balzello dell’11%, a questo punto decisamente inferiore a quello del 25% imposto al succo d’arancia nella black list di 106 beni stilata da Pechino.

Stesso discorso vale per il vino italiano, che nel 2017 ha raggiunto il massimo storico di oltre 130 milioni di euro di export verso la Cina con un aumento del 29% «e potrebbe crescere ancora - ricorda Bazzana - con il freno posto alle produzioni californiane che rientrano nella black list cinese». Secondo la Coldiretti, in Cina gli Stati Uniti si stanno dimostrando un concorrente temibile: nel 2017 hanno esportato vino per un valore di 70 milioni di euro, in aumento del 33%, e si collocano al sesto posto nella lista dei maggiori fornitori, immediatamente dietro all’Italia.

Alessandro Terzulli, capo economista della Sace, sui possibili guadagni per il vino italiano in Cina concorda, «così come vedo - spiega - delle opportunità specifiche su altri singoli prodotti italiani in Cina, sulla falsariga del vino e proprio come è successo in Russia, quando il bando subito dal formaggio made in Italy ha favorito l’export della Svizzera». Ma per tutto il resto è scettico: «Dalla guerra dei dazi tra Cina e Usa non vedo opportunità per noi. E non le vedo soprattutto negli Stati Uniti, poiché i dazi di Trump sono studiati apposta per favorire l’aumento della produzione delle aziende nazionali, e non per sostituire un export con l’altro».

© Riproduzione riservata