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Nasce a Scandicci la fabbrica atelier dei modelli Gucci

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Nasce a Scandicci la fabbrica atelier dei modelli Gucci

Un progetto esemplare, fondato su «creatività, artigianalità e innovazione», e fatto «in tempi brevi», che rende «la Toscana e l'Italia ancora più importanti per il gruppo Kering».

Francois-Henri Pinault, presidente e amministratore delegato del gruppo francese del lusso Kering, ha applaudito ieri, nella zona industriale di Scandicci (Firenze), l'ultimo grande investimento produttivo del suo marchio-corazzata, Gucci. Uno stabilimento nuovo di zecca, che copre 37mila metri quadrati e impiega 800 addetti, dotato di tecnologie e “cervello” che escono dalle strade ordinarie della moda. Lo stabilimento infatti mette insieme, per la prima volta nel settore del lusso, due comparti strategici come la pelletteria e le calzature, che hanno in comune la materia prima ma non le tecniche produttive. E invece il nuovo ArtLab – nome che evoca il laboratorio artistico e dunque la creatività e la sperimentazione – nasce per contaminare tecniche e materiali, per diffondere le buone pratiche, per fare sinergie e, in buona sostanza, per innovare prodotti e processi.

«È il più grande investimento industriale fatto da Gucci nella sua storia» (cominciata a Firenze nel 1921), ha detto l'amministratore delegato Marco Bizzarri senza rivelare l'entità dell'investimento. La stima, secondo fonti vicine all'azienda, è di cento milioni .

La spinta arriva dal mercato. Gucci è il marchio che da due anni cresce a ritmi sorprendenti - +45% il fatturato 2017, arrivato a superare quota 6,2 miliardi - e cresce soprattutto grazie a borse e scarpe, arrivate a pesare il 70% del fatturato. Tre anni fa, quando Marco Bizzarri arrivò alla guida di Gucci, non era così e, anzi – come ha raccontato lui stesso ieri, inaugurando lo stabilimento - la proposta che gli arrivò all'epoca dal responsabile dell'area calzature fu quella di “tagliare” il 30% dei laboratori esterni di produzione, lasciando senza lavoro cinquemila persone.

La trasformazione di cui il marchio è stato protagonista in questo triennio, sotto la direzione creativa di Alessandro Michele, ha letteralmente ribaltato la prospettiva: oggi borse e scarpe sono il traino di Gucci, e «in due anni abbiamo raddoppiato la capacità produttiva - ha spiegato Bizzarri - grazie ai nostri artigiani che sono stati davvero reattivi nel rispondere alle esigenze di mercato». La crescita, programmata nel 2015, si declina appunto oggi con l'apertura di ArtLab, realizzato in meno di due anni («la burocrazie e la lentezza della pubblica amministrazione non abitano qui», ha detto Bizzarri lodando le istituzioni locali), che porterà a Firenze 900 assunzioni entro fine anno (500 persone sono già state assunte) e che accoglie la prototipia, la ricerca e sviluppo di nuovi materiali, accessori metallici e confezioni, il laboratorio per i test chimici e fisici, il laboratorio accessori, il formificio e tacchificio per le scarpe, il laboratorio bambù per la pelletteria e l'area pre-industrializzazione.

La produzione è affidata ai laboratori esterni che, sempre più in futuro, saranno controllati direttamente dal brand. «Stiamo cercando di integrare i laboratori - ha spiegato l'ad - acquistando i nostri fornitori anche per poterli controllare meglio». Il tema, delicato, è quello dell'etica e della legalità del lavoro, da sempre caro a Gucci, ma anche quello dei tempi di produzione, che devono accorciarsi per rispondere al mercato effervescente. Controllare laboratori di proprietà vuol dire poter decidere tempi e modi, e dunque evitare intoppi. È così che Gucci è passato dal produrre internamente (tre anni fa) appena il 5% della pelletteria, a fare oggi il 50% dei prodotti in laboratori controllati direttamente.

«La nostra forza è negli artigiani, in grado di realizzare i prodotti più belli del mondo», ha detto Massimo Rigucci, responsabile di Gucci ArtLab. Quei prodotti che Pinault ieri ha esaltato e che fanno uscire dal cassetto, e diventare più reale, il sogno di Gucci: arrivare in pochi anni a 10 miliardi di fatturato.

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