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Dossier La lunga marcia dei distretti della meccanica

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    Dossier | N. 5 articoliRapporto Meccanica & automazione

    La lunga marcia dei distretti della meccanica

    Valigia, bussola e tecnologia. È questo il corredo che ha permesso ai distretti italiani della meccanica di resistere agli anni della crisi e di imporsi su molti competitor esteri, sostenendo con le esportazioni l'economia made in Italy negli anni bui seguiti al 2008.

    «Nel posizionamento sui mercati internazionali le imprese dei distretti della meccanica sono tra quelle che “percorrono” più chilometri» rivela Giovanni Foresti, senior economist della Direzione Studi e ricerche di Intesa Sanpaolo, che ogni anno realizza il Rapporto su Economia e finanza dei distretti industriali. L'analisi spiega la prima metafora, quella della valigia. E a supportarla ci sono i numeri: secondo il Rapporto, la distanza media percorsa dalle esportazioni delle imprese distrettuali della meccanica ha toccato nel 2016 i 3.629 chilometri. Pochi meno rispetto a quelli totalizzati dalle aziende specializzate nella produzione di materiali per costruzioni, ma di più rispetto a un altro comparto simbolo del made in Italy come la moda. «Rispetto al 2008 la distanza media percorsa dalle esportazioni meccaniche è aumentata di 275 chilometri», spiega Foresti e aggiunge: «A dimostrazione della capacità di incrementare una pur già elevata vocazione internazionale».

    Vocazione che emerge anche da un altro dato estrapolato dagli analisti di Intesa Sanpaolo e che spiega questa volta la metafora della bussola. «In questo caso – chiarisce Foresti – il dato significativo è quello della quota di esportazioni distrettuali assorbita dai Paesi emergenti: la meccanica è il primo settore in assoluto con il 46% sul totale dell'export nel 2016». Rispetto al 2008 la variazione di questa quota non risulta grandissima ma è comunque significativa: 2,6 punti in più, «ma – ribadisce Foresti – va sottolineato anche che le aziende del settore avevano già un grado elevato di diversificazione nel loro posizionamento oltreconfine».

    Il terzo elemento che caratterizza la trasformazione dei distretti italiani della meccanica è la componente tecnologica nelle imprese. Una caratteristica da sempre connessa al settore, ma che ha subito un'accelerazione anche in virtù della spinta rappresentata dal piano Industria 4.0 (ora evolutosi in Impresa 4.0) con il suo corredo di incentivi agli investimenti hi-tech. Lo studio evidenzia una doppia dinamica. Da un lato le aziende meccaniche hanno investito nel 2017 in componenti Ict in misura decisamente superiore rispetto alla media italiana. Dall'altro quasi il 70% delle aziende produce macchinari 4.0. In entrambi i casi – chi investe e chi produce – la propensione hi-tech è direttamente proporzionale alle dimensioni aziendali.

    Le imprese appartenenti ai distretti della meccanica realizzeranno una crescita del fatturato superiore al 3,5% nel 2018 e di poco inferiore l’anno prossimo. Lo dicono le stime del Rapporto su Economia e finanza dei distretti industriali della Direzione Studi e ricerche di Intesa Sanpaolo. La performance, se le previsioni saranno confermate, sarà la migliore tra quelle dei diversi comparti della galassia distrettuale. Gli analisti di Intesa Sanpaolo individuano anche un valore mediano di Ebitda margin pari al 9%, inferiore solo alla metallurgia.

    Del resto, che il livello di competitività del comparto sia elevato emerge anche dalla classifica dei 20 migliori distretti italiani, relativamente a questo parametro, stilata da Intesa Sanpaolo: la meccanica vanta sette poli in graduatoria, dalla meccatronica dell’Alto Adige (5° posto) alle macchine utensili e per il legno di Pesaro (7°) alla termomeccanica di Padova (in nona posizione); dalla meccatronica barese (10° posto) alle macchine per calzature di Vigevano (11°); dalla meccanica strumentale di Vicenza (12° posto) a quella di Varese (14°).

    Se la crisi scoppiata nel 2008 ha avuto un merito è stato quello di determinare una scrematura, con l’uscita dal mercato delle imprese meno sane e competitive e un rafforzamento e un riposizionamento delle altre. Una sorta di evoluzione della specie in salsa manifatturiera. Competitor agguerriti da Far East e Usa oltre che dalla Germania hanno reso obbligatori gli investimenti in chiave 4.0. Un focus di Intesa Sanpaolo su 8.900 imprese meccaniche clienti ha calcolato transazioni commerciali in chiave Ict per 5,8 miliardi di euro nel 2017. Un esempio significativo della vocazione a innovare del settore.

    Se un tempo neanche troppo lontano le aziende italiane erano “accusate” di esportare principalmente nel cosiddetto “giardino di casa” – l’Europa – «i rapidi cambiamenti internazionali hanno accelerato e favorito il processo di adattamento» conferma Giovanni Foresti. Nell’elaborazione realizzata dalla Direzione Studi e ricerche di Intesa Sanpaolo per il Sole 24 Ore emerge che le aziende di Vigevano che realizzano macchinari per la lavorazione e la produzione di calzature hanno un raggio medio di export di oltre 5mila chilometri, con un incremento di quasi mille chilometri rispetto al 2008. E le aziende della meccatronica barese percorrono una distanza di quasi 4.500 chilometri per esportare i loro prodotti: 1.800 in più del periodo pre-crisi. Pur senza raggiungere questi “primati” tutti i distretti meccanici – ad eccezione delle macchine utensili pesaresi – hanno incrementato il raggio d’azione. «La meccanica è la filiera con la maggiore diversificazione dei mercati – afferma Foresti -. Le aziende dei distretti sono presenti in diverse aree perché hanno saputo riposizionarsi rapidamente, limitando i rischi geo-economici, come il forte calo del mercato russo degli anni scorsi, aprendosi nuovi sbocchi».

    Nel 2017 la quota di export in Cina sul totale esportato è risultata superiore di almeno quattro punti percentuali rispetto al 2008 per la meccanica strumentale di Varese (+4,8%), la meccatronica barese (4,7) e quella dell’Alto Adige (4).

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