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Da Bologna a Milano, l’immobiliare incompiuto per colpa della crisi

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Da Bologna a Milano, l’immobiliare incompiuto per colpa della crisi

L'area di Porta Vittoria a Milano è oggi una ferita aperta e dolente nella città: qui si è arenato il progetto per la realizzazione di 166 appartamenti, suddivisi in quattro edifici, tra viale Umbria e viale Molise. (Fotogramma)
L'area di Porta Vittoria a Milano è oggi una ferita aperta e dolente nella città: qui si è arenato il progetto per la realizzazione di 166 appartamenti, suddivisi in quattro edifici, tra viale Umbria e viale Molise. (Fotogramma)

Cantieri abbandonati, scheletri di edifici non finiti, palazzi disabitati, giardinetti dimenticati nell’incuria. Sono i risultati visibili di una crisi durata un decennio che ha bloccato lo sviluppo immobiliare e visto fallire aziende di costruzioni e cooperative.

L’Italia è disseminata di insuccessi, o parziali successi, immobiliari, un Paese reale che stenta a seguire la via della crescita tracciata da Milano, dove capitali esteri e interesse domestico si incontrano nel realizzare nuove residenze che si iniziano di nuovo a vendere anche sulla carta.

Nel recente passato, nei lunghi anni della crisi del mattone iniziata nel 2008, i prezzi sono scesi in media del 30% sul territorio nazionale e le compravendite hanno toccato il punto più basso a quota 425mila transazioni nel 2013. Il mercato è tornato a 540mila compravendite a fine 2017 (dati Agenzia delle entrate) e si avvia a crescere ulteriormente quest’anno. Ma sul territorio ci sono complessi residenziali ancora da “digerire”, immobili arrivati alla vendita nel momento sbagliato o forse realizzati laddove la domanda di case non era così forte. Gli stessi grandi sviluppi di Milano come Porta Nuova e Citylife hanno avuto in passato qualche difficoltà a imporsi sul mercato, e in alcuni casi hanno dovuto riconvertire le vendite in affitti.

Il Sole 24 Ore ha scelto quattro casi di realizzazioni che ancora oggi, per motivi diversi e con differenti potenzialità di recupero, scontano le difficoltà della crisi.

A Trento nel quartiere Le Albere di Renzo Piano si tornerà a breve a vendere i 150 appartamenti di alto livello non ancora messi sul mercato. A Bologna i quartieri Lazzaretto e Navile vedono vuoti molti degli appartamenti realizzati. Poco lontano la scommessa dell’ex caserma Sani, 100mila mq che Cdp vuole riqualificare, dalla società si dice a spese proprie dopo alcuni tentativi di vendita falliti nel 2012. Il progetto prevede abitazioni, in parte di housing sociale, uffici, negozi. L’investimento si aggira sui cento milioni di euro, ma molti avanzano l’ipotesi che Cdp cercherà un investitore. A Milano resta aperta la ferita di Porta Vittoria, passato dal fallimento del gruppo di Danilo Coppola. E oggi nel mirino degli americani

È un progetto partito con grandi speranze, ma che è dovuto scendere ben presto a patti con l’inversione di tendenza che ha sconvolto il mercato immobiliare nel corso degli ultimi dieci anni.

Era l’estate del 2013 quando il nuovo eco-quartiere de Le Albere nella città di Trento, la riqualificazione dell’area ex Michelin su un progetto firmato dall’architetto Renzo Piano, è stato consegnato alla cittadinanza. Una rigenerazione urbana che ha interessato 116mila metri quadrati, in tutto 300 appartamenti di lusso, negozi, spazi culturali, uffici e un parco di cinque ettari. Un quartiere che però non si è popolato come ci si aspettava.

«Sono stati ultimati 150 appartamenti, il 50% del progetto, di cui 50 sono le abitazioni vendute e cento quelle date in affitto» dice Giampiero Schiavo, a capo di Castello Sgr, la società che ha realizzato il complesso. «La locazione è stata la carta da giocare quando si è capito che il mercato locale faticava ad assorbire la parte residenziale» aggiunge Schiavo. Un complesso con fibra ottica, domotica e impianti all’avanguardia, per i quali si è puntato sull’utilizzo di materiali sostenibili e di molto legno.

A Trento: le Albere di Renzo Piano

È stata solo l’inversione di mercato a decretare le difficoltà del progetto, che la società Castello intende comunque portare a termine? Qualche esperto dice che in fase di avvio dell’iniziativa l’area è stata pagata eccessivamente e il business plan era troppo aggressivo per il mercato conservativo di Trento, con abitazioni che si sperava di vendere a circa 4.700 euro al metro quadro, il valore di partenza deciso nel 2010.

Oggi i prezzi sono scesi a più miti consigli. Si venderanno, infatti, a 3.600-3.700 euro in media al mq i 150 appartamenti da ultimare e da vendere a tranche, ora che torna il sereno sul real estate. «Finora il progetto, che fa parte del portafoglio del fondo immobiliare Clelio, è costato 400 milioni di euro e la Sgr è rientrata a oggi del 55% circa» spiega Schiavo.

È un quartiere, secondo alcuni abitanti del luogo, che non ha trovato una personalità, anche se il Muse, il Museo delle Scienze, ha certamente successo ed è di richiamo e così la Biblioteca dell’Università appena aperta. La Sgr garantisce che a breve anche i negozi saranno tutti affittati

A Bologna il quartiere Lazzaretto

Un perenne cantiere. Così appare il quartiere Lazzaretto a Bologna, non lontano dalla stazione, in quell’area che doveva cambiare volto grazie all’Università e a residenti in grado di occupare i 2mila appartamenti previsti, le strade sono sterrate e molti palazzi disabitati.

Completato il primo lotto, il resto del progetto subisce ritardi causati dalla crisi e dalla rimodulazione della presenza dell’Università. La prima area residenziale è ancora mezza vuota, con opere pubbliche come marciapiedi e piccole aree verdi da completare. Resta in forse lo sviluppo complessivo.

Qui si compra a meno di 3mila euro al metro quadro, ma le vendite languono. Anche Invimit è intervenuta in una zona limitrofa al Lazzaretto, acquistando i prati di caprara per fare soprattutto residenziale, oltre ad altre funzioni. Poi si è pensato al progetto stadio, ma la società Bologna calcio tarda a presentare il progetto.

Stessa aria tira al quartiere Navile, che ha vissuto fasi alterne e non trova un’identità. Palazzi vuoti e spazi verdi incolti danno l’idea di una zona dimenticata, dove diverse società come Galotti hanno iniziato le proprie difficoltà. Qui la microcriminalità la sera rende poco sicuro il quartiere.

«Del progetto iniziale – 200 milioni di euro che dovevano cambiare la faccia di 136mila metri quadrati e che aveva come obiettivo la crescita del quartiere in continuità con il tessuto urbano della Bolognina storica - c’è solo una pallida ombra» spiega Luca Dondi, direttore generale di Nomisma.

I complessi residenziali “Trilogia Navile” realizzati da Valdadige costruzioni (fallita) sono terminati e in fase di vendita. Palazzo Unicum di Galotti e Cesi è ormai fermo dal 2014.

Più vicino alla stazione c’è uno Student hotel in fase di realizzazione nell’edificio ex Telecom di via Fioravanti. Sempre in zona la riqualificazione delle ex officine Casaralta stenta a decollare. Non è partita nemmeno la realizzazione del Tecnopolo nell’ex Manifattura Tabacchi, un centro per l’innovazione e la sperimentazione dove nel 2019 si trasferirà il Data center del centro europeo per le previsioni metereologiche a medio termine.

A Milano l’area di Porta Vittoria

Un quartiere fantasma che nel giro di sei mesi o un anno potrebbe rianimarsi. Questa è la speranza per Porta Vittoria, cattedrale nel deserto in una Milano dinamica e in perenne evoluzione.

L’area di Porta Vittoria è oggi una ferita aperta e dolente nella città, dove si è arenato - per via del fallimento delle società che facevano capo all’immobiliarista Danilo Coppola - il progetto per la realizzazione di 166 appartamenti tra viale Umbria e viale Molise. Appartamenti, suddivisi in 4 edifici, di cui tre torrette bianche, costruiti ma che oggi sono completamente disabitati. Erba alta, finestre chiuse, case vuote. Funziona solo il supermercato Esselunga, perché il gruppo della grande distribuzione a suo tempo aveva scelto di comprare l’area.

Dalle ultime indiscrezioni emerge che già da un mese circa il gruppo americano York, che sta investendo nel mercato immobiliare italiano (ha acquistato un portafoglio dal gruppo Scarpellini e ha sottoscritto fondi con primarie Sgr italiane), avrebbe presentato la domanda di concordato fallimentare, che deve passare all’approvazione dei creditori rimasti. Nel frattempo è stata sospesa l’asta prevista per il 13 maggio scorso.

York ha già comprato il credito di Ipi (53 milioni di euro di valore nominale venduti a 1,2 milioni), di Colombo costruzioni (valore nominale di 30 milioni) e del Banco Popolare (210 milioni di valore nominale). Se si concretizzasse la strada alternativa all’asta, York potrebbe iniziare a breve i lavori necessari per terminare lo sviluppo, urbanizzazioni come il collegamento della fognatura, piccole bonifiche e infine lavori interni agli appartamenti, che non hanno ancora le porte delle stanze. Sono stati invece cancellati i progetti della Beic, la biblioteca europea, mentre il futuro proprietario dovrà realizzare il parco di circa 20mila mq (che vale 19 milioni di euro e richiederà tre anni per farlo).

Se questa sarà la strada, secondo indiscrezioni, Ipi avrà il mandato di commercializzazione, ma anche il diritto di coinvestire insieme a York.

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