Villarodin-Bourget è l’unico municipio della Valle della Maurienne a far sventolare la bandiera No Tav. Il sindaco e il vicesindaco di questo paese di 500 anime hanno sfilato lo scorso fine settimana nella manifestazione organizzata dal Movimento No Tav, tra i comuni di Rosta e Avigliana, in Valsusa. Se in Italia sono oltre 40 i comuni della Valle schierati apertamente contro l’Alta velocità, in Maurienne, delle 58 municipalità, soltanto Villarodin «resiste» come titola la stampa francese raccontando dell’opposizione decisa di questo angolo di Savoia.
«Spero che il Governo italiano abbandoni definitivamente il progetto» dice Philippe Delhomme, vicesindaco della cittadina e tra i responsabili dell’associazione “Vivre et agir en Maurienne” in cui ci sono i No Tav italiani e francesi e le associazioni ambientaliste, da sempre contrarie all’opera.
Il dibattito in Italia segue un periodo di riflessione nella politica francese sulla sostenibilità economica delle grandi opere. A settembre Macron e Gentiloni hanno comunque ribadito l’impegno sulla tratta internazionale dell’opera, il tunnel di base da 57 chilomentri e le due stazioni internazionali a Susa e a Saint Jeanne de Maurienne. Ora però sul versante italiano i giochi si sono riaperti. Esprime rammarico il sindaco di Modane, Jean Claude Raffin, ma si dice ottimista. «Qualsiasi governo democraticamente eletto rispetta gli impegni dei suoi predecessori e prima ancora dell’Europa, che rimane il finanziatore più importante. Il progetto ha subito molti ritardi dovuti sia ai francesi sia agli italiani, ma oggi la fase progettuale è finita da mesi, abbiamo sul lato francese un cantiere molto importante, una fermata improvvisa è inconcepibile».
Il cantiere di cui parla Raffin si trova a una manciata di chilometri dall’uscita del tunnel del Frejus, a Saint Martin La Porte. Lo scavo dell’ultima delle quattro gallerie sul territorio francese (tunnel geognostici per studiare le caratteristiche della montagna, destinati a diventare tunnel di sicurezza) è ancora in corso, in asse con il tunnel vero e proprio: in totale 9 chilometri, con scavi realizzati al 37% e oltre 400 persone impiegate. Al lavoro in quel cantiere c’è anche un’azienda italiana, la Cmc, impegnata anche sul lato italiano negli scavi di Chiomonte. «La parola d’ordine è andare avanti come nulla fosse» dice il direttore generale Roberto Macrì. «Siamo quasi a metà del lavoro, pensiamo saranno necessari ancora due anni per completare l’intervento. Nel sito dove è al lavoro la fresa abbiamo incontrato degli imprevisti, ma lo scavo geognostico serviva proprio a quello, dopodichè francamente pensare di bloccare tutto, viste le risorse finora impiegate mi sembra un delirio».
Per Marc Tournabien, primo cittadino di Saint Julien Montdenis, il comune che in futuro dovrebbe ospitare il cantiere principale per lo scavo della galleria, «la possibilità di congelare permanentemente questo sito sembra improbabile e equivarrebbe a creare il maggior spreco di energia e di denaro pubblico di questo inizio di secolo». Da questa parte del confine la questione del trasporto ferroviario come scelta sostenibile è molto sentito. «Nella Maurienne – conferma il sindaco di Saint Julien Montdenis – c’è una grande sensibilità della popolazione all’impatto ambientale del traffico pesante nelle nostre valli alpine e quindi alla possibilità di trasferire il trasporto merci dalla strada alla rotaia è sembrata una opportunità da cogliere». Un argomento per tentare di spiegare perché il fronte locale italiano di opposizione all’opera è sempre stato molto più forte. Ma questo è soltanto uno degli aspetti, accanto ad esempio alle «ricadute positive» per il territorio, aggiunge, senza dimenticare «le procedure di inchiesta pubblica e l’importanza delle fasi informative sul progetto che precedono la decisione e l’avvio del cantiere, e che attenuano l’impressione di brutale dittatura dall’alto che i nostri amici italiani hanno potuto provare».
Se da un lato la realizzazione del tunnel di base sembra un passaggio “digerito”, molto più problematica resta in Francia la questione degli accessi alla futura tratta nazionale della Torino-Lione. «La soluzione definitiva non è ancora stata presentata con chiarezza – sottolinea Raffin – e soprattutto è stata ritardata nel tempo e le richieste delle città sono piuttosto di andare più veloci per facilitare il trasporto verso l’Italia, nell’ottica di un progetto ambizioso, che va oltre l’interesse locale». Il videsindaco di Villarodin-Bourget ricorda però le conclusioni del Rapporto Duron commissionato dal Governo francese, «da cui emerge che ci sarebbero più svantaggi che vantaggi a realizzare quelle opere, che presentano un problema di redditività e sostenibilità». Il tema non è soltanto economico, aggiunge Delhomme, «ma in generale di sostenibilità di questi interventi, per completare i quali servirebbe scavare altri 5 tunnel sulla tratta nazionale della Tav, verso Lione». Il ministro dei Trasporti francese, come ricostruisce Tournabien, che è anche vice presidente della Comunità dei comuni Coeur de Maurienne Arvan a cui fanno capo 16 municipalità, «è tentato di rinviare la realizzazione di nuovi accessi favorendo l’utilizzo di quelli storici fino alla loro saturazione. Personalmente, come molti rappresentanti eletti nella Valle, ritengo che sarebbe un errore e che dobbiamo iniziare a costruire i nuovi accessi rapidamente per sfruttare il potenziale del tunnel di base». Il dibattito in Francia è aperto.
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