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Investimenti e brevetti, la Lombardia corre

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RAPPORTO BANCA D’ITALIA

Investimenti e brevetti, la Lombardia corre

Otto su dieci. La quota di aziende lombarde in grado di chiudere con un utile il 2017 è forse l’indicatore più immediato per cogliere lo stato di salute del territorio. Un quadro positivo a tutto tondo, quella tracciato nel rapporto sull’economia locale elaborato dalla sede di Milano di Banca d’Italia, che pone ancora una volta la regione come locomotiva del Paese.

L’accelerazione è visibile su più fronti, anzitutto dal lato degli investimenti, visti in crescita del 4,8%, oltre un punto in più rispetto all’anno precedente. Aumento diffuso a più settori e categorie dimensionali che si alimenta anche attraverso il piano di incentivazioni varato dal Governo: il 62% delle imprese ha fatto ricorso al superammortamento, il 26% all’iperammortamento. Un’impresa su due in media ha puntato su tecnologie digitali avanzate, con robotica e interne delle cose tra le categorie più gettonate.

Spinta innovativa visibile anche nella crescita delle start-up innovative e nel numero dei brevetti, salito a 143 per milione di abitanti: il doppio della media italiana, superiore anche a quanto realizzato dall’Unione europea.

Alla ripresa della domanda interna (non solo investimenti ma anche consumi) si aggiunge poi lo scatto delle vendite oltreconfine, con un export regionale balzato del 7,5% a valori correnti, conquistando quote di mercato nel commercio mondiale. E in termini di valore aggiunto prodotto localmente - si legge nel rapporto - la Lombardia è una delle regioni che trae maggior beneficio dagli scambi.

L’aumento della produzione (in espansione dal 2013, +3,7% lo scorso anno) si è tradotto in un incremento dei posti di lavoro, con gli occupati arrivati oltre i livelli pre-crisi già nel 2016 e cresciuti dell’1,7% lo scorso anno. Il tasso di disoccupazione in regione scende così al 6,4% , ancora quasi doppio rispetto al 2007 ma comunque di molto inferiore rispetto alla media nazionale (11,2%).

La congiuntura favorevole si è accompagnata ad un quadro di finanziamenti più disteso, anche per effetto di crollo dei nuovi prestiti deteriorati, la cui incidenza torna ai livelli pre-crisi. I prestiti alle imprese tornano così a crescere, anche se resta netta la divaricazione settoriale: in progresso manifattura e servizi, ancora in calo pesante (cinque punti) le costruzioni.

Le voci di imprese, associazioni e istituzioni

Lo spazio per l’ottimismo evidentemente esiste, anche se le incognite non mancano. Dal lato bancario, il presidente dell’Abi Salvatore Patuellievidenzia l’irrigidimento normativo degli ultimi anni, che ha complicato e in parte anche frenato l’attività.

«Servono testi unici europei - spiega Patuelli - e un quadro stabile e certo per poter pianificare. Cambiamenti, dunque, più che terremoti normativi». Dopo 11 crisi bancarie, Patuelli auspica una rapida chiusura delle inchieste, un modo «per voltare finalmente pagina ripristinando la fiducia all’interno del Paese, cancellando il clima giacobino degli ultimi mesi».

Fiducia da preservare anche verso l’esterno, con l’Italia che deve impegnarsi nel dare certezze strategiche sul proprio posizionamento per tenere alta la propria credibilità e contenere lo spread. Il richiamo, esplicito, è alle recente intervista del ministro dell’Economia Giovanni Tria, che ha ribadito la centralità dell’Euro e dell’Europa nella nostra traiettoria futura.

Analoga linea di prudenza da parte di Bankitalia, con il direttore generale dell’istituto ad evidenziare la traiettoria di crescita oltre le attese sottolineando però i due punti deboli principali del sistema. Da un lato la distanza che a dispetto dei progressi recenti ancora ci separa dai paesi più dinamici in Europa. Dall’altro la polarizzazione progressiva operata dalla crisi tra le imprese, separando i destini di alcuni “campioni” che crescono, investono e assumono e altre realtà ormai ai limiti del mercato.

«La malattia del Paese è la scarsa produttività - spiegaSalvatore Rossi - legata alla difficoltà delle imprese nel tradurre in efficienza le nuove possibilità offerte dalla tecnologia. Ora stiamo iniziando ad aggredire il problema ma bisogna perseverare: sono fiducioso nello sviluppo ma occorrono le politiche giuste».

Un gap - aggiunge il presidente di Assolombarda, dove ha avuto luogo il dibattito, che si è creato anche nel mondo del lavoro. Dove i numeri complessivi sono in crescita, anche se permane un forte squilibrio generazionale a sfavore dei giovani (-505 mila addetti tra 2008 e 2017 in Lombardia tra gli under 44), così come tra diversi livelli di formazione.

«I risultati della Lombardia - spiega Carlo Bonomi - pongono una questione di leadership e di traino solidale per il Paese. Il recupero c’è stato, ma all'interno di un quadro strutturale che sta mutando sotto i nostri occhi, accelerato dalla crisi e dalle nuove tecnologie. Abbiamo dunque bisogno di interpretare e rispondere al cambiamento in corso, per cogliere le nuove sfide competitive: per questo abbiamo avviato una riflessione coraggiosa sul futuro del lavoro in Italia nel lungo termine, alla luce delle nuove tecnologie, delle evoluzioni demografiche, del capitale umano, delle competenze e professionalità per il 4.0, del nuovo ruolo dei territori e della rappresentanza».

Sicurezza sul lavoro da ripensare a livello di ecosistema, nuova centralità delle competenze e formazione continua come diritto-dovere sono i tre punti chiave attorno ai quali Assolombarda ha avviato il confronto sul territorio.

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