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Dossier Avanti adagio, l’occupazione rimane una sfida

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    Dossier | N. 5 articoliRapporto Puglia

    Avanti adagio, l’occupazione rimane una sfida

    A piccoli passi. L’economia della Puglia cresce ma «in misura modesta». È la lettura più aggiornata, si riferisce al 2017, e la compie Banca d’Italia (nel rapporto diffuso ieri) sottolineando che c’è «un positivo andamento dell’industria e dei servizi». Piccoli passi perché accanto a un fatturato salito dell’1,7% (analisi su un campione di oltre 340 imprese industriali con almeno 20 addetti), a un export aumentato del 4% dopo il calo del 2016, al risultato economico positivo dichiarato dal 69,1% delle aziende del campione analizzato, c’è comunque il “tallone d’Achille” dell’occupazione. Nel 2017, col +0,3%, è rimasta praticamente agli stessi livelli dopo due anni di crescita: +2% nel 2016 e +2,4% nel 2015. Stabile anche il tasso di occupazione al 44,5%. Una stazionarietà appena mitigata dalla riduzione del tasso di disoccupazione, dal 19,4% al 18,8%, intesa però come «riduzione della partecipazione al mercato del lavoro».

    E l’occupazione stagnante si riflette anche su redditi e consumi delle famiglie, cresciuti nel 2017 ma meno rispetto ai due anni precedenti. Quanto al Pil, all’inizio dell’anno Prometeia ha stimato per la Puglia una crescita nel 2018 sotto l’1% (+0,8%).

    Per Banca d’Italia, il fatto che l’occupazione non si sia sostanzialmente mossa mentre nel Sud e in Italia è cresciuta dell’1,2%, fa sì che in Puglia il numero di coloro che lavorano sia ancora inferiore di oltre il 6% rispetto al dato del «picco pre-crisi registrato nel 2008». Un divario, si sottolinea, superiore in confronto a quello del Mezzogiorno ma soprattutto rispetto alla media nazionale «per la quale si registra un quasi totale recupero dei livelli pre-crisi».

    «L’occupazione non sale - afferma Domenico De Bartolomeo, presidente di Confindustria Puglia - soprattutto per due ragioni. La prima è il costo del lavoro. Nonostante gli interventi fatti soprattutto per i giovani, resta ancora alto per le imprese se ragioniamo in termini complessivi. La seconda è che le aziende cercano manodopera qualificata ma l’offerta è bassa, anche se si sta spingendo molto tra formazione e specializzazione, alternanza scuola-lavoro, stage in azienda e altre iniziative specifiche».

    Solo per i laureati, infatti, il tasso di occupazione non è rimasto stabile ma è cresciuto di circa 2 punti (è al 69%). «Il livello di capitale umano richiesto dalle imprese pugliesi - annota Banca d’Italia - risulta lievemente più alto rispetto alla media delle regioni meridionali». Mentre mettendo a confronto il 2016 con il 2006 in Puglia la quota di laureati sulla popolazione è cresciuta meno rispetto alla media del Paese «anche per effetto delle emigrazioni dalla regione, risultate più intense per i laureati in possesso di caratteristiche più favorevoli all’inserimento lavorativo». E, dice Banca d’Italia, «in assenza dei flussi migratori, la crescita della quota dei laureati in regione sarebbe stata superiore di oltre un punto percentuale».

    Dati migliori offre invece l’export, che dopo un 2016 negativo (-2%) è risalito l’anno scorso del 4%: +7,4% nell’area Ue (Germania in testa), +0,6% in quella extra Ue. Un andamento comunque meno positivo dell’export meridionale, salito del 9,8%. «La crescita dell’export regionale - annota Banca d’Italia - è attribuibile soprattutto al comparto dei macchinari, dell’agroalimentare e del siderurgico», sebbene il polo Ilva di Taranto continui ad essere caratterizzato da grandi problemi e dal 2012 non marci, per ragioni giudiziarie e ambientali, al pieno delle sue potenzialità. Più modesto, sebbene positivo, il contributo dato alla crescita dell’export pugliese da farmaceutico e mezzi di trasporto. Bene l’aerospazio rispetto ad autoveicoli e componentistica.

    «L’export ha ripreso a tirare e meccanica, meccatronica, aerospazio e alimentare sono i settori che vanno meglio - commenta De Bartolomeo -. Ci sono poi altri aspetti come l’impulso dato da Industria 4.0, anche se è un’opportunità colta più dalle grandi che dalle piccole e medie imprese, la maggiore attenzione rivolta alle performance dei bilanci aziendali e l’apertura alla Borsa per cercare nuovi capitali. Su 30 nuove società che fanno il loro ingresso in Elite, il programma di Borsa Italiana, 4 su 6 meridionali sono pugliesi. Mi sembra un segno di modernità».

    «In Puglia la ripresa è lenta ma sicura e progressiva» dichiara il presidente della Regione Michele Emiliano. «Le aziende stanno investendo - aggiunge - e abbiamo una domanda che è al di sopra delle aspettative. Gli effetti si dispiegheranno nel prossimo anno. Abbiamo messo in campo una serie di strumenti di accompagnamento agli investimenti». Strumenti che, spiega Emiliano, vanno da quelli a sostegno delle microimprese a quelli per le grandi imprese, «andando a curare progetti da 25mila euro (ed è il caso di “Pugliesi innovativi”) sino a 100 milioni nel caso di multinazionali fortemente rappresentate nel territorio». In futuro? «Puntiamo sulle filiere strategiche regionali - dice Emiliano -. E quindi stiamo sostenendo la crescita del turismo e dell’aerospazio. Esempio: col riconoscimento dello spazioporto a Grottaglie, primo in Italia, si aprono orizzonti che non potevamo neanche sognare. E poi puntiamo sul rafforzamento della chimica, della farmaceutica, del sistema dell’industria metalmeccanica con pieno rispetto della sostenibilità ambientale».

    «La Regione Puglia - osserva De Bartolomeo - è una macchina molto complessa. Sicuramente i grandi nodi Ilva e gasdotto Tap assorbono molto, tuttavia le diverse azioni messe in campo stanno dando risultati. Mi augurerei adesso che vi fosse una semplificazione e uno snellimento in materia di gestione del territorio, dall’ambiente al paesaggio. Il piano casa della Regione, per esempio, ha rimesso in moto l’edilizia, prova ne sia il grande numero di cantieri aperti a Bari. Si possono ottenere altri risultati se sburocratizziamo».

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