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Dossier Quando a migrare sono i soldi

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    Dossier | N. 6 articoliRapporto Private banking

    Quando a migrare sono i soldi

    Pubblicamente lo negano ma a taccuino chiuso e microfono spento gli operatori si sbottonano e confermano: i soldi hanno iniziato a defluire dal sistema Italia. Gli studi legali e commerciali, le fiduciarie, i family banker, e i private banker, hanno sempre più clienti che si informano su quali siano le vie meno impervie per traslocare i propri investimenti altrove. Il dato rilevato a maggio sulla fuoriuscita di 38,5 miliardi di euro dall’Italia trova dunque conferma nell’esperienza diretta e quotidiana dei professionisti dell’asset management.

    Si tratta di investitori e risparmiatori che in larga maggioranza hanno già usufruito dei tre scudi fiscali targati Giulio Tremonti e delle due tornate di Voluntary disclosure e che intendono trasferire il loro denaro «in chiaro» cioè non clandestinamente: dichiarandolo al fisco italiano ed esponendo le operazioni sul quadro RW. Dunque nessuna evasione fiscale: una cautela semmai “politica” dovuta al cosiddetto rischio di ridenominazione dell’euro. Del resto è sempre accaduto, dagli anni settanta in poi. Allora i capitali uscivano per la paura dell’inflazione a due cifre, dei sequestri di persona, del terrorismo. Oggi i timori sono legati all’euro. All’uscita dell’Italia dall’Unione, o alla creazione di due euro: uno di serie A e uno di serie B. Non cambia neppure la destinazione finale del denaro: approdo preferito resta la Svizzera, in particolar modo il Canton Ticino, che offre strutture già rodate da anni di rapporti con gli italiani, strutture che avevano sofferto in termini di redditività e occupazione durante le cinque operazioni di rimpatrio. Oggi però c’è una novità: un tempo le soglie per aprire un conto in Svizzera erano molto alte: si partiva (almeno) da un tetto di 500mila euro. Oggi le banche locali si accontentano di cifre anche di molto inferiori.

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