La scadenza del 31 dicembre rischia di essere una spada di Damocle per imprese e periti, che devono produrre la perizia tecnica giurata (in tribunale) o l’attestazione di conformità necessaria per conseguire i benefici fiscali del piano Impresa 4.0. La perizia è obbligatoria per investimenti individualmente superiori al mezzo milione di euro, ma consigliabile sempre, ai fini di eventuali accertamenti. A produrla sono professionisti abilitati, ingegneri o periti industriali o organismi di certificazione accreditati (che rilasciano attestazioni di conformità).
Come sottolinea TÜV Italia, le richieste si sono concentrate nell’ultimo trimestre, con l’obbligo di produrre la documentazione entro fine dicembre, per non far slittare all’azienda il momento dal quale si inizia a fruire dei benefici fiscali. Secondo Alessandro Ferrari di Bureau Veritas, i tempi ristretti di implementazione di tutte le tecnologie e i macchinari acquistati, fissati dal Piano 4.0, hanno portato le aziende a sviluppare troppo velocemente tutto l’iter, tralasciando l’ottimizzazione dei processi. Si rischia quindi di automatizzare gli sprechi, più che di regalare efficienza.
Il nodo principale, oltre alla fretta, è l’interconnessione dei nuovi sistemi 4.0 al sistema aziendale di gestione della produzione o alla rete di fornitura, necessaria per cogliere appieno tutti i benefici fiscali. Un vero e proprio incubo, perché richiede una revisione dei processi di produzione. «Molte volte questo aspetto è stato sottovalutato in fase iniziale e poi, in ultimo, si è rivelato il cuore del progetto», racconta Alberto Macchi di TÜV Italia.
Fra gli aspetti critici c’è la sicurezza informatica. A partire dalla centralità della governance e del livello di trust del modello quando si parla di un progetto di interconnessione, dove la sicurezza è centrale ma lo è anche la necessità di dare una identità certa alle macchine che partecipano alla catena del valore. In questa direzione InfoCert, provider di servizi e di identità digitali, sta lavorando per creare uno schema di affidabilità che possa diventare la base per un’azione normativa. «Servono però delle regolamentazioni sovranazionali: sarà questa la vera sfida per il legislatore», afferma Carmine Auletta, Chief innovation officer di InfoCert-Gruppo Tecnoinvestimenti.
Altri nodi riscontrati dai certificatori? La complessità normativa, che ha generato confusione. «Per questo molte aziende ci hanno chiesto una consulenza strategica sull’investimento», racconta Paolo Gianoglio di Icim, ente di certificazione che tra i suoi soci conta per il 60% la federazione confindustriale Anima. Criticità, secondo Certiquality, anche per la complessità e la varietà dei beni da attestare, dai software ai grandi impianti industriali, «con conseguente difficoltà nell’individuare un interlocutore unico in azienda nella raccolta delle evidenze necessarie all’iter», spiega Flavio Ornago di IMQ.
L’auspicio di tutti è che, come promesso dal Governo, il piano Impresa 4.0 sia prorogato. «Il numero delle imprese manifatturiere che utilizza tecnologie 4.0 è ancora troppo limitato», conclude Luca Ravani di DNV GL – Business Assurance.
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