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Dissesto idrogeologico: la difesa del Veneto in tempi record anche con i…

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Fondi UE

Dissesto idrogeologico: la difesa del Veneto in tempi record anche con i fondi europei

L'opera chiave della difesa idraulica del Veneto, la prima avviata e la prima a essere conclusa in due anni di lavoro, dal 2014 al 2016: “L'obiettivo era diminuire il rischio idraulico” spiega Gaetano Marangoni, presidente di Idro Building Scarl, consorzio di imprese vicentine appartenenti a diversi settori dell'edilizia, che è stato capogruppo nei lavori per la realizzazione del bacino di laminazione di Caldogno, in provincia di Vicenza.

L'inaugurazione è avvenuta nel novembre 2016: sei anni prima, fra il 31 ottobre e il primo novembre del 2010, la disastrosa alluvione che aveva fatto registrare 32 sforamenti di argini. Da allora la Regione Veneto ha avviato un piano da 925 cantieri, per 911 milioni di euro, “senza imporre tasse regionali” ha ricordato al taglio del nastro il governatore Luca Zaia, ma attingendo anche ai fondi europei.
Il sito Opencoesione riporta un costo pubblico di 21,6 milioni, di cui 4,5 milioni dall'Unione europea (attraverso il Fondo europeo di sviluppo regionale 2007-2013), 4,7 dal fondo di rotazione, 581mila euro dalla Regione, soloper la parte di monte dell'opera.

Il bacino di laminazione di Caldogno, in parole semplici, è una sorta di immensa vasca che viene riempita tramite una apertura laterale (tecnicamente una “opera di presa”) che permette al fiume di “allargarsi”, o meglio di non esondare scaricando a temporaneo deposito una grande quantità di acqua. È stato realizzato su una superficie di 110 ettari (circa 150 campi da calcio), con un volume massimo invasabile di 3,8 milioni di metri cubi di acqua (di cui 2,3 a monte, il resto a valle), per un investimento di oltre 40 milioni e il lavoro di una quarantina di imprese nel cantiere. La cifra comprende i lavori in senso stretto, per circa 17 milioni, più le spese di progettazione e gestione e gli indennizzi per gli espropri.

Il bacino di laminazione di Caldogno

Ai primati si aggiunge quello di essere “un'opera portata a termine senza alcun contenzioso, senza un giorno di ritardo né una penale – sottolinea Marangoni – Per questo ci è voluto un committente, la Regione, che ha fatto la sua parte con una presenza assidua, per risolvere i problemi ogni volta che si presentavano; una direzione lavori altrettanto precisa, da parte dello studio di ingegneria Beta studio di Ponte San Nicolò, Padova; infine, la presenza di aziende del territorio che sentivano la responsabilità della messa in sicurezza e gli occhi di tutta una regione puntati addosso. Dunque non si poteva sbagliare; una collaborazione pubblico privato davvero positiva”.

Non solo: con consegna e collaudo entro i tempi stabiliti, anche i pagamenti alle imprese sono arrivati puntualmente, e per chi lavora in buona parte con le pubbliche amministrazioni non si può dire che sia scontato.

Grazie a software e sistemi di monitoraggio a distanza e telecontrollo l'opera viene gestita a distanza: quando eventi di pioggia eccezionale saturano i fiumi si possono aprire per metà o per intero le vasche di contenimento, e una volta passata quella che viene definita l'ondata di piena (il colmo) si può lentamente e in modo controllato far defluire l'acqua. Ora è scaduto il termine della fase di monitoraggio dell'assestamento degli argini, pertanto è efficace la procedura che permette il massimo invaso del bacino: in questo arco di tempo tuttavia il bacino di Caldogno non è mai stato messo in funzione per affrontare una situazione come quella che si è verificata nel 2010, “e in questo senso manca la vera conferma della sua efficacia e validità. Da allora di acqua ne è caduta poca. Ma forse è meglio così”, conclude Marangoni.

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