Economia

Banda larga, cambia il piano: 2,5 miliardi per voucher e rete

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Fondi UE

Banda larga, cambia il piano: 2,5 miliardi per voucher e rete

La prima notizia è che per l’Europa abbiamo già sprecato la possibilità di raggiungere i target dell’Agenda digitale su internet veloce. La seconda è che ora l’Italia proverà a correre ai ripari, rimettendo in gioco 2,5 miliardi di euro. La strategia per la banda ultralarga, lanciata dal governo Renzi nel 2015, rischia seriamente di impantanarsi e nelle prossime settimane la Dg Connect della Commissione Ue verrà a Roma per capire i motivi del ritardo accumulato. L’Agenzia per la coesione ha evidenziato come il Piano, parte dell’obiettivo «Tecnologie dell’informazione», sia tra gli interventi che abbassano la media di spesa dei fondi europei 2014-2020 e mettono a rischio i target per il 2018. I primi effetti, a dire il vero, ci sono già stati, visto che il ministero dello Sviluppo economico ha sottratto al programma 177 milioni, trasferendoli all’asse Pmi, per evitare che al 31 dicembre andassero in fumo. Ora si interverrà sulla rendicontazione, storicamente l’anello debole della capacità di spesa delle Regioni, e una parte dell’attività sarà “centralizzata” a livello ministeriale. Nel frattempo, si studiano semplificazioni per la posa della fibra ottica.

È la Corte dei conti europea a certificare che entro il 2020 sarà impossibile garantire connessioni da 30 megabit al secondo a tutta la popolazione. Tanto meno arrivare alla sottoscrizione da parte dell’85% delle famiglie di connessioni oltre 100 Mbps. Due i problemi irrisolti: la velocità di implementazione e l’apatia della domanda. Il Piano approvato nel 2015 parlava di un fabbisogno di risorse pubbliche per quasi 7 miliardi. Sul piatto però ne sono stati messi 5,3: 3,5 miliardi dal Fondo sviluppo coesione e 1,8 miliardi di fondi Ue. Una quota di questa dote, pari a 1,3 miliardi, da destinare alle “aree grigie” in concorrenza, si è impantanata nel negoziato con Bruxelles. Il precedente governo non ha completato il processo di notifica e tocca ora all’attuale Esecutivo chiudere il cerchio. Altri 1,2 miliardi - sempre quota dei 5,3 totali - derivano dai ribassi d’asta ottenuti dalla società pubblica Infratel dopo le prime due gare assegnate al concessionario Open Fiber (controllata Cdp-Enel) che deve coprire le “aree bianche” a fallimento di mercato.

Complessivamente dunque 2,5 miliardi, che dovrebbero essere rimessi in circolo per incentivi alla domanda (voucher ad imprese e famiglie per connessioni in fibra) e, se avrà successo il pressing degli operatori, anche per sgravi fiscali a sostegno delle infrastrutture di rete. Ma tra i tecnici del governo c’è già chi pensa a spingersi oltre, preconizzando un futuro con “internet di cittadinanza”, una sorta di diritto gratuito (o a prezzi calmierati) alla banda larga di base da includere nel servizio universale.

Non sarà un percorso in discesa. La partita si incrocia con il dualismo tra Telecom e Open Fiber e gli incentivi che verranno in un modo o nell’altro dovranno tenerne conto. Sul tavolo dell’Agcom c’è il piano di separazione legale della rete Tim, secondo alcuni possibile ponte per arrivare a un’infrastruttura unica tra gli asset dell’ex monopolista - che ha comunicato di aver coperto in banda ultralarga l’80% del territorio nazionale - e quelli di Open Fiber. Per ora al ministero dello Sviluppo hanno aperto il dossier rete, ma con tutte l e cautele del caso: «C’è Telecom che vuole scorporare e vendere la rete in rame - ha detto nei giorni scorsi il ministro Di Maio - Dobbiamo capire prima di tutto se è una cosa ancora attuale». E se è interessante - ha aggiunto - per poi accelerare sul cablaggio in fibra di tutto il territorio.

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