In poco più di tre anni di vita, cinque acquisizioni e il raggiungimento di quella soglia, anche psicologica, dei 100 milioni che, sul mercato, può fare la differenza. Italian Design Brands (Idb) – il polo dell’arredo-design fondato nel maggio 2015 da Private Equity Partners di Fabio Sattin e Giovanni Campolo, insieme con Paolo Colonna e i fratelli Giovanni e Michele Gervasoni, supportati da un gruppo di investitori privati – ha finalizzato l’accordo per l’ingresso nel gruppo di Saba Italia, piccola ma dinamica azienda del Padovano specializzata negli imbottiti e arredi per la zona living.
«Stiamo procedendo più rapidamente del previsto sulla tabella di marcia – commenta Giorgio Gobbi, amministratore delegato di Idb –. Con quest’ultima operazione il fatturato aggregato, a fine anno, dovrebbe superare i cento milioni. Ma il nostro obiettivo di medio termine è arrivare a circa 200 milioni per poter procedere, verosimilmente nel 2021, a un’Ipo». Fino ad allora, la crescita del gruppo continuerà per via organica – tutte le aziende in portafoglio sono finanziariamente sane e registrano incrementi di ricavi e margini - e attraverso acquisizioni.
Dopo Gervasoni (2015), Meridiani (2016), Cenacchi International (2017) e Davide Groppi (2018), ieri è stata dunque la volta di Saba Italia, impresa fondata nel 1987 da Amelia Pegorin, che resterà al timone della sua creatura, oggi una realtà da 13 milioni di euro e 47 dipendenti. «Saba è un’azienda su cui avevo messo gli occhi diversi anni fa– spiega Gobbi – perché mi ha sempre affascinato il progetto particolare di Amelia all’interno del mondo, piuttosto affollato, degli imbottiti». Un numero limitato di collezioni, ma ciascuna con una storia e un concept da raccontare. Si tratta della terza azienda del gruppo specializzata nel segmento living ma, spiega Gobbi, si inserisce perfettamente nella logica di gruppo perseguita da Idb: «Noi non puntiamo a un’offerta completa per la casa – dice –. Nella nostra visione le sinergie tra le imprese si sviluppano a livello soprattutto manageriale, organizzativo e di investimento». Quello che conta è che siano aziende sane, che perseguono nel loro percorso di crescita in modo autonomo. Nel caso di Saba, le prime due aree di intervento saranno quella organizzativa – per supportare la gestione di una crescita molto rapida, che richiede anche nuovi spazi produttivi – e quella del contract, perché l’azienda padovana non ha al proprio interno competenze ad hoc. Altro aspetto importante sarà lo sviluppo dei mercati esteri, dove Saba al momento vende poco più della metà della propria produzione.
E i prossimi passi di Idb? «Abbiamo già in mente qualche nome, ma di più non posso dire», risponde Gobbi. Di sicuro, anche il 2019 porterà un nuovo ingresso, o forse anche due.
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