Economia

Dossier Al via nuove linee guida e blockchain per i preziosi

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    Dossier | N. 4 articoliLa sostenibilità parte dall'approvvigionamento etico

    Al via nuove linee guida e blockchain per i preziosi

    Nuove linee guida per l’approvvigionamento responsabile (responsible sourcing) di metalli e preziosi, innovative blockchain (registri digitali che garantiscono tracciabilità completa) dalla miniera al retail, firme nanotech antifrode su pietre preziose, ricerche universitarie sulle impronte genetiche (Dna fingerprinting) dei coralli per identificarne la provenienza, un nuovo token (rappresentazione digitale di un bene basata su una blockchain) legato a un inedito mercato finanziario dei diamanti (chiamato Carats.io). È uno scenario all’avanguardia quello emerso dal congresso di Bogotá di Cibjo - The world jewellery confederation, che rappresenta tutta la filiera dalle miniere ai produttori, fino agli esercenti.

    Uno scenario tracciato con i big del settore come De Beers, elaborato con i migliori centri di ricerca, discusso da tutti gli organi di Cibjo e sostenuto dall’Ocse. E in prima fila in questa battaglia per la responsabilità sociale ci sono diversi italiani, che lavorano fuori dai riflettori per trasformare il responsible sourcing in pratica diffusa. In primis, il presidente di Cibjo, Gaetano Cavalieri, catanese erede di una famiglia di gioiellieri da 200 anni, capace di portare la sua battaglia per l’impresa libera e responsabile fino all’Onu, dove nel Consiglio economico e sociale Cibjo è l’unico ente che rappresenta la filiera dei preziosi (7 milioni di imprese e 290 miliardi di euro di giro d’affari, secondo Euromonitor).

    Un suo vicepresidente, Enzo Liverino, della famiglia di corallai di Torre del Greco (Napoli) attiva dal 1894, presiede la Coral commission della confederazione e sta portando avanti la ricerca sul Dna fingerprinting con l’Università Federico II di Napoli, per certificare la provenienza da specie non a rischio, oltre ad aiutare il Centre scientifique de Monaco, sostenuto dal principe Ranieri, sul fronte del ripopolamento delle barriere coralline. Francesca Marino (della Fondazione Einaudi) supporta il coordinatore Philip Olden sui temi della responsabilità sociale d’impresa. Italiani anche due sponsor del congresso di Bogotá: il big fieristico Italian exhibition group (Ieg) e la maison Roberto Coin.

    «L’industria dei gioielli lavora al responsible sourcing fin dal 2000, già prima dello scandalo dei Blood diamonds (i cui proventi fomentavano conflitti) denunciato dal film, quando si intraprese il Kimberley process per aumentare la trasparenza della filiera e varare uno schema di certificazione – racconta Cavalieri -. Eravamo il comparto più sotto attacco, sul fronte etico, siamo diventati pionieri della sostenibilità. Ma la strada da percorrere è ancora lunga. Ecco perché, al congresso di Bogotá, Cibjo (già firmataria dal 2006 dell’iniziativa Global Compact delle Nazioni Unite sulle imprese etiche) ha presentato le nuove linee guida del settore, ampiamente discusse e condivise dagli aderenti: il Responsible sourcing guidance document diventerà un Blue book (testo di riferimento del comparto con definizioni e standard) ed è già compliant con i principi Ocse e Onu. Ma non possiamo fermarci qui: dobbiamo lavorare per raggiungere tutti i 17 obiettivi di sviluppo sostenibile al 2030 promossi dall’Onu e firmati da 193 Paesi».

    Anche i big del settore stanno accelerando su questi fronti. È notizia recente l’adesione del grande gruppo russo dell’estrazione di diamanti Alrosa all’ambizioso progetto di blockchain del colosso De Beers, per tracciare i diamanti in ogni passaggio di mano. La piattaforma Tracr, una delle più evolute blockchain nel settore delle materie prime, aveva già coinvolto a maggio il gigante della gioielleria Signet. La strada della responsabilità d’impresa è lunga e tortuosa, ma i big dei preziosi non possono non percorrerla tutta.

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