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Dossier Confindustria: necessario uno sviluppo efficiente dell’energia pulita

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Dossier | N. 49 articoliConnext Vision Business Networking

Confindustria: necessario uno sviluppo efficiente dell’energia pulita

La centrale geotermica di Cerro Pabellon di Enel in Cile
La centrale geotermica di Cerro Pabellon di Enel in Cile

Si parla spesso di transizione energetica. Ma un conto è parlarne, un conto è subirne le conseguenze senza poter governare in modo efficiente questo momento di passaggio tecnologico ed economico, e quindi anche sociale. Serve un modo di gestire il flusso, afferma il «Libro bianco per uno sviluppo efficiente delle fonti rinnovabili» che sarà illustrato oggi dalla Confindustria insieme agli analisti di EY e di Rse. E il modo per gestire il passaggio (propone l'analisi coordinata dall'economista Massimo Beccarello insieme ad Andrea Andreuzzi) è darsi regole chiare, efficienti e stabili nel tempo che non siano asservite alle ideologie o alle mode tecnologiche del momento.

La transizione energetica è quel passaggio, di cui noi siamo testimoni, verso una modalità diversa di produzione e di consumo dell'energia. Da una parte le esigenze ambientali impongono di ridurre le emissioni. In aggiunta, la tecnologia per produrre l'energia si sposta verso modalità di generazione differenti, di tipo diffuso. Dall'altro lato, cambiano le reti per portare l'energia ai punti in cui viene usata e muta anche il modo di consumare energia.

Un esempio è immaginare la differenza di un ambito comune — un appartamento — nel confronto di com'era 50 anni fa. Oggi la prima voce di consumo energetico è l'elettricità che alimenta il wi-fi, rinfresca con l'aria condizionata, accende il pc, ricarica i telefonini, muove lavatrice, lavastoviglie, frigorifero, attiva il decoder tv, riscalda il forno e il microonde e così via. Negli anni '60 l'elettricità accendeva luci a incandescenza dal tono giallastro, una lavatrice fracassona e un televisore con il tubo catodico in bianco e nero che dava il canale nazionale e, per qualche ora al giorno, perfino il secondo canale, e quando si spegneva lasciava per qualche secondo una pallina di luce in mezzo allo schermo ricurvo.

Il percorso porta verso l'elettrificazione, e lo si vede anche nella mobilità che accenna a spostarsi dai combustibili liquidi verso gli accumulatori agli ioni di litio. Grazie al processo di digitalizzazione che attraversa ogni dinamica e ogni tecnologia energetica dalla produzione al consumo, la corrente elettrica sta perdendo il ruolo di commodity che compete ad armi pari con le altre commodity energetiche — carbone, derivati del petrolio, legna e pellet, gas e così via — e sta acquisendo il ruolo diverso di vettore di servizi. Il bene non è più il chilowattora invisibile bensì il servizio che se ne ottiene: musica, immagini, contatti sociali, mobilità, frescura, riscaldamento, cottura di cibi e così via. La transizione non è venuta, come si pensava mezzo secolo fa, grazie al nucleare: è giunta dalla tecnologia del silicio nella sua doppia veste, l'elemento che governa i flussi di informazioni digitali e l'elemento che produce elettricità quando colpito (nei pannelli fotovoltaici) dai raggi del sole.

Il «Libro bianco per uno sviluppo efficiente delle fonti rinnovabili» traguarda verso il 2030 e delinea i modelli di business del settore energetico e in particolare del segmento elettrico alla luce della “rivoluzione” delle fonti rinnovabili di energia, del loro integrarsi in un sistema energetico tradizionale, degli obiettivi delineati da quell'Unione Europea che ora progetta già di arrivare al 2050 con il piano di emissioni zero.

Lo studio — oltre alla collaborazione di EY e di Rse (la società Ricerca sul sistema energetico controllata dal Gse, il gestore dei servizi energetici) — è arricchito dai contenuti apportati da 32 organizzazioni fra aziende e associazioni di imprese che vanno (in ordine rigorosamente alfabetico) dalla “A” di Aispec-chimica da biomassa della Federchimica fino alla “U” dell'Unione Petrolifera.

Gli autori del libro bianco prendono le mosse dai nuovi obiettivi europei per la sostenibilità e dal principio che l'energia è un fattore di competitività per il sistema economico ed è necessario integrare nel nuovo mercato gli obiettivi ambientali e di sicurezza degli approvvigionamenti con quelli di competitività del sistema manifatturiero e con le opportunità di sviluppo industriale.
Il documento di quasi 300 pagine si divide in tre sezioni maggiori: un'analisi accurata del sistema energetico delle rinnovabili, condotta dagli esperti del mondo imprenditoriale della Confindustria; uno studio di Ernst&Young sui meccanismi del mercato delle fonti rinnovabili di energia; il contributo di Rse per individuare gli schemi di costo delle diverse soluzioni esaminate. Completa lo studio un ricco apparato di allegati documentali.
Ma quali scenari descrive il libro bianco? Si tratta di prep

rare le dinamiche dell'offerta elettrica in modo che riesca a intercettare la domanda generata dalla green economy, con quegli obiettivi di 32% di rinnovabili e 32,5% di efficienza energetica tratteggiati dall'Europa. Dal 2004 al 2016 i consumi finali di energia soddisfatti da fonti rinnovabili sono passati dal 6,3% al 17,4% (con addirittura il 34% dei consumi elettrici soddisfatti da energia verde) ma i livelli finora raggiunti sono una tappa intermedia nel percorso di transizione low carbon a lungo termine.

Tra gli scenari di riferimento attorno ai quali si muovono le ricerche spiccano forse due ipotesi più ricorrenti: come affrontare il mercato delle fonti rinnovabili qualora nei prossimi anni il prezzo dell'elettricità all'ingrosso (il Pun, prezzo unico nazionale) rimanesse attorno ai 40 euro per mille chilowattora, e qualora invece la quotazione del Pun tendesse a crescere nel tempo. In questo contesto, l'analisi di Confindustria cerca di interpretare l'evoluzione dei costi delle diverse tecnologie energetiche, in modo da capire l'avvicinamento verso la cosiddetta grid parity (il punto in cui l'elettricità prodotta da fonti rinnovabili ha lo stesso prezzo di quella prodotta da fonti fossili o con il nucleare).

Tutte le diverse tecnologie tenderanno a costare meno, così come si è visto accadere negli anni scorsi con il settore fotovoltaico. Ma ogni segmento lascia pronosticare dinamiche diverse. Per esempio la geotermia e il grande idroelettrico — per i quali il costo maggiore dell'investimento è dato dalla componente impiantistica e costruttiva — dovrebbero osservare una riduzione dei costi molto graduale, poco affrettata: quasi impercettibile. Diverso il caso dell'eolico di taglia minore, delle biomasse, del piccolo idroelettrico, del solare a concentrazione e del fotovoltaico, per i quali si assisterà a una competizione sui costi. La discesa di costo più sensibile sarà in particolare per gli impianti piccoli e piccolissimi, i quali tuttavia partiranno da livelli assai alti e oggi poco competitivi. Difatti, come sempre, gli impianti di grande taglia industriale rimarranno più competitivi sul fronte del costo. Rapido il ribasso soprattutto per il segmento del solare a concentrazione, che tenderà a dimezzare i costi del chilowattora, ma su livelli sempre molto alti e fuori dalla scala della competizione.

Proprio su questo tema va giocato il meccanismo delle incentivazioni, oggi legato a quella poco amata (per gli oneri che ne derivano) voce A3 della bolletta elettrica. Lo studio confindustriale sulle fonti rinnovabili di energia propone un sistema di incentivazione modulato in modo da coprire quella differenza di quotazione tra le aste che saranno bandite dal Gse e i prezzi effettivi del mercato. Tanti i parametri da contabilizzare in una previsione di questo tipo, come per esempio i meccanismi di politica energetica e tariffaria che verranno adottati, e le incertezze ondivaghe mostrate dal Governo nei mesi passati non sgombrano il campo delle ipotesi su chi deve investire. Un altro elemento sarà il valore dell'anidride carbonica, la cui quotazione potrà rendere più competitive le fonti rinnovabili di energia e modificare la competitività del sistema Italia nei confronti delle bollette elettriche tedesche oggi avvantaggiate dalle produzioni elettriche da lignite ad alta emissione di CO2.

L'evoluzione tecnologica potrà modificare gli assetti di mercato e di costo. In ogni caso l'ingresso ben gestito e ben regolato delle fonti rinnovabili di energia sul mercato dovrebbe produrre una riduzione di costi del chilowattora, che potrebbe collocarsi come media nazionale su valori più contenuti rispetto ai 14,3 centesimi censiti nel 2016.
Per le sole imprese, i valori delle tariffe elettriche future potrebbero essere più contrastati, anche con punti di rincaro per le aziende di dimensioni minori, qualora si rivelasse lo scenario di Pun in aumento.

I vantaggi del passaggio nella nuova era energetica? Potenzialmente cospicui. Secondo il Libro Bianco, gli investimenti cumulati al 2030 per raggiungere gli obiettivi sulle rinnovabili sono stimabili fino a circa 68 miliardi nel settore elettrico e in 58 miliardi nel termico, senza contare la grande domanda di investimenti legata alla mobilità sostenibile. Un volano di crescita potenziale di 126 miliardi che, se venisse interamente soddisfatto dal sistema manifatturiero italiano, porterebbe - nei 13 anni del periodo 2018-2030 – benefici cumulati per il Paese stimabili in un incremento del valore della produzione industriale di 226 miliardi. Sempre che questa domanda fosse interamente soddisfatta dal sistema manifatturiero italiano, appunto. E la creazione di una filiera italiana dell’economia circolare dovrebbe essere obiettivo non solo industriale, ma politico.

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