Sullo strumento più discusso, quello dei Ppa (Power purchase agreement, i contratti di acquisto dell’energia a medio-lungo termine che dovrebbero servire a finanziare i nuovi impianti anche in assenza di incentivi), promette correttivi. E, a chi accusa il governo di aver rivisto al ribasso il target sulle rinnovabili al 2030 rispetto all’obiettivo Ue, il sottosegretario allo Sviluppo Economico Davide Crippa risponde: «Non è una retromarcia ma una base realistica da cui partire per ritoccarlo all’insù strada facendo».
Gli ambientalisti sono delusi per la decisione di fissare al 30% l’asticella al 2030 sotto il 32% indicato invece dall’Europa.
In realtà, il 30% è la trasposizione del target Ue in Italia sulla base dell’algoritmo di calcolo che è imperniato su diversi
fattori. Bisogna essere realisti e tenere conto delle condizioni da cui partiamo e da alcune problematiche che ci stanno a
cuore, come quella dell’occupazione del suolo pubblico nella costruzione degli impianti. Ad ogni modo, il meccanismo prevede
la possibilità di rivedere i target per andare al rialzo.
Nel parere dell’Autorità per l’Energia sul decreto per le fonti energetiche rinnovabili (Fer), si suggerisce di adottare un
approccio nella localizzazione che tenga conto della disponibilità delle tecnologie e dell’allocazione efficiente delle risorse.
Qual è la sua opinione al riguardo?
Penso sia un auspicio di buonsenso anche perché è chiaro che bisognerà fare in modo di non annullare i benefici legati alla
produzione di energia rinnovabile.Il rischio è quello di creare scompensi sulla rete che andrebbero a scaricarsi sugli oneri
di dispacciamento e che genererebbero ulteriori costi infrastrutturali per Terna con riverberi sulla bolletta.
Uno dei temi caldi del momento è la riforma dei Ppa con molti addetti ai lavori che lamentano l’assenza di particolari garanzie
per chi punta su tale strumento. Pensate a dei correttivi?
C’è un ostacolo normativo da superare rispetto alla possibilità di avere due fornitori sullo stesso Pod (punto di prelievo)
e stiamo valutando se si può intervenire. Quanto al tema del rischio, andrebbe affrontato soprattutto riguardo al possibile
fallimento dell’acquirente-fornitore che mette in discussione l’intero business plan del produttore. La risposta potrebbe
essere una soluzione tra privati o un percorso di gestione pubblica della produzione che preveda a monte una “qualificazione”
degli operatori.
Quale soggetto potrebbe gestire la piattaforma?
È prematuro parlarne, ma potrebbe essere, per esempio, il Gse (il Gestore dei servizi energetici) con le sue società satelliti.
Ci sono state diverse proteste di settori esclusi dal decreto Fer, a cominciare dalla geotermia. Come replica?
Entro la fine del mese contiamo di mettere a punto una bozza del nuovo decreto Fer 2 in cui ci saranno sicuramente geotermia,
biomasse e biogas, ma mi piacerebbe estendere il documento anche alle maree e, in particolare, alle turbine sui fondali dello
stretto di golfo. E qui si aprirebbe un tema di riconversione industriale dell’eolico offshore e galleggiante con Saipem che
potrebbe avere un ruolo importante.
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