Economia

Decreto dignità, contratti a termine a…

  • Abbonati
  • Accedi
Servizio |l’allarme di federmeccanica

Decreto dignità, contratti a termine a rischio: un’impresa metalmeccanica su tre non li rinnoverà

Due campanelli d’allarme sui contratti a tempo determinato(compresa la somministrazione) in scadenza. A suonarli sono Federmeccanica e Assolavoro che “lamentano” gli effetti negativi del decreto dignità del luglio scorso (Dl 87/2018), entrato a pieno regime dal 1° novembre. Un provvedimento che ha stabilito una stretta su più fronti, a partire dal ritorno della causale, le “motivazioni” che devono essere indicate per poter stipulare il contratto e che in passato hanno generato contenzioso nelle aule dei giudici del lavoro.

Tanto che la stipula dei contratti “flessibili” ha subito una frenata negli ultimi mesi. Secondo l’Istat a ottobre il trend congiunturale degli occupati a tempo determinato ha invertito la rotta: -13mila rispetto a settembre, dopo che era risultato sempre in crescita dal marzo scorso. A settembre, inoltre, secondo l'Inps sono stati siglati 283.300 nuovi contratti a termine, in calo del 15% rispetto ai 333mila dello stesso mese del 2017, e 80.506 contratti di somministrazione, in diminuzione del 29% rispetto ai 113.769 del 2017.

Ora è Federmeccanica a suonare il primo campanello d’allarme. Il 30% delle imprese dell’industria metalmeccanica non rinnoverà, alla data di scadenza, i contratti a tempo determinato in essere, il 37% invece intende trasformarli in contratti a tempo indeterminato mentre un altro 33% si riserva di decidere, valutando la situazione alla scadenza.
I risultati emergono dalla 148ima indagine congiunturale (riferita al terzo trimestre 2018) di Federmeccanica presentata il 5 dicembre e relativa all’industria metalmeccanica. Il direttore generale Stefano Franchi riferisce che l’associazione «monitorerà il trend, anche in relazione alla decisione delle imprese che non si sono pronunciate». Franchi rileva inoltre che «le norme non creano occupazione, possono agevolare o meno un percorso di assunzione. Noi riteniamo che la flessibilità possa agevolare. Una flessibilità – sottolinea ancora - che non significa precarietà visto che nel nostro settore il 40% dei contratti a tempo indeterminato sono trasformazioni di contratti flessibili e il 98% dei contratti sono a tempo indeterminato». Dall’indagine emerge anche che il 50% delle aziende fa fatica a trovare manodopera specializzata.

Il secondo campanello d’allarme è suonato da Assolavoro, l’associazione di categoria a cui fa riferimento l’85% delle agenzie di somministrazione attive in Italia: sono circa 53.000 le persone che dal 1° gennaio 2019 non potranno essere riavviate al lavoro dalle agenzie perché raggiungeranno i 24 mesi di limite massimo per un impiego a tempo determinato. «È l’effetto - sottolinea l’associazione in una nota - della circolare 17 del ministero del Lavoro del 31 ottobre che ha considerato compresi nelle nuove misure anche i lavoratori con contratti stipulati prima dell'entrata in vigore della legge di conversione del decreto dignità. Una “stima prudenziale”». La somministrazione di lavoro interessa oltre 700mila persone in un anno, mentre la media mensile è di oltre 400mila (su base trimestrale) spiegano da Assolavoro. L’associazione precisa anche che «i lavoratori somministrati assunti a tempo indeterminato sono circa il 10% e in un anno vengono formate oltre 240mila persone»

Ma vediamo cosa ha previsto il decreto dignità entrato a pieno regime dal 1° novembre scorso: 
1) durata massima del primo contratto a termine senza causale di 12 mesi;
2) oltre i primi 12 mesi, proroga con causale: il datore di lavoro deve precisare che la prosecuzione del rapporto avviene a tempo determinato per esigenze temporanee e oggettive, estranee all’attività ordinaria, oppure per sostituire altri lavoratori, oppure ancora per esigenze legate a incrementi temporanei, significativi e non programmabili dell'attività ordinaria;
3) la causale, come precisa la circolare 17 del ministero del Lavoro pubblicata il 31 ottobre, è sempre necessaria quando si superano i 12 mesi, anche se il superamento avviene a seguito di proroga di un contratto originariamente inferiore ai 12 mesi;
4) le proroghe possono essere al massimo 4 nell’arco di 24 mesi (e non più cinque su 36 mesi);
5) la durata massima dei rapporti a termine è di 24 mesi, a meno che il contratto collettivo applicato dall’azienda non preveda un limite diverso.

© Riproduzione riservata