In Italia la campagna contro il grano canadese al glifosato, il diserbante creato dalla Monsanto, ha dato i suoi frutti: per la prima volta tra agosto 2017 e luglio 2018 le importazioni di grano dal Canada sono crollate di oltre il 50%. Da un milione di tonnellate a meno di 400mila nello spazio di un solo anno. Contemporaneamente, in Italia sono andati moltiplicandosi i contratti di filiera tra i produttori di pasta - cioè i principali utilizzatori del grano duro - e i coltivatori nazionali: dalle farine dei molini Casillo fino a Barilla e Divella.
Ma anche se l’Italia è tra i grandi produttori mondiali di grano duro, con 4,2 milioni di tonnellate annue stimate per il 2018, quello coltivato non basta a sfamare il fabbisogno dell’industria della pasta made in Italy, che vende in casa ed esporta anche all’estero. Tra il 30 e il 40% della materia prima lavorata in Italia è dunque di importazione straniera: nel 2017 proveniva soprattutto dal Canada (34%), dalla Francia (13%), dagli Usa (11%) e dal Kazakhstan (10%), anche se oggi la quota canadese è diminuita, appunto, per via della campagna contro il glifosato, nella quale la Coldiretti ha un ruolo di primo piano .
Una campagna giusta, oppure no? Il glifosato, insomma, è o non è dannoso per la salute, dato che la Iarc - l’Agenzia per la ricerca sul cancro dell’Oms - l’ha catalogato tra le sostanze «potenzialmente cancerogene»? Dal primo gennaio la Francia ne ha vietato l’uso. Ma in Europa il glifosato è legittimamente ammesso, con la Commissione europea che ne ha autorizzato l’utilizzo fino al 2021, entro certe soglie e con determinate precauzioni per chi lo maneggia. In Italia viene utilizzato nei campi, ma anche lungo i binari della ferrovia e ai cigli delle autostrade, per evitare che le erbacce mettano in pericolo la circolazione. Il glifosato rientra nella categoria «erbicidi fosforganici dipiridilici»: di questi, nel nostro Paese se ne vendono ogni anno 3.700 tonnellate, in pratica i diserbanti più utilizzati.
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«Il sistema europeo di autorizzazione e di controllo degli agrofarmaci è il più stringente al mondo - sostiene Alberto Ancora, presidente di Agrofarma, che fa parte di Federchimica - se un prodotto fitosanitario è regolarmente in commercio nel mercato Ue, significa che dal sistema di analisi europeo non è emerso alcun elemento concreto che ne giustifichi la messa al bando. Riteniamo estremamente dannoso mettere in discussione tali decisioni, perché ciò finirebbe per creare un quadro di incertezza delle regole controproducente per tutti, soprattutto per gli investimenti in R&S».
E gli agricoltori, cosa ne pensano? Qui accanto le opposte posizioni di Coldiretti e di Cereals Canada, l’associazione che riunisce i coltivatori e i distributori del maggior esportatore al mondo di grano duro. Perchè se per qualcuno la battaglia contro il glifosato è una questione di tutela della salute dei consumatori, per qualcun altro è solo la bandiera dietro cui si nasconde il più classico dei protezionismi.
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