Per aprire la porta blindata occorre un badge. Per ottenere il quale, tuttavia, il dipendente non deve solo far parte di un reparto specifico ma ottenere anche un via libera preventivo da parte del cliente. «E ad ogni modo - chiarisce l’imprenditore Luciano Bonaria - qui nessuno conosce tutto, solo ciò che serve per gestire il progetto». Misure di riservatezza non banali, quelle adottate da Spea. Eppure necessarie, per consentire all’azienda piemontese di vendere i propri macchinari di test ai giganti dell’hi-tech di tutto il mondo, aziende spesso in diretta concorrenza tra di loro.
Costruttori di smartphone, di componentistica legata a telecomunicazioni, automotive, elettronica di consumo o elettrodomestici che scelgono la tecnologia Spea per andare a testare in pochi secondi schede, microcircuiti e sensori.
Elementi in crescita esponenziale, di pari passo con l’estensione a nuovi ambiti delle tecnologie digitali. «L’auto a guida autonoma - aggiunge Bonaria - rappresenta in questo momento un forte traino al nostro sviluppo, moltiplicando la sensoristica di bordo e di conseguenza la domanda di strumenti di test e calibrazione. Qui ci sono spazi enormi di crescita e le commesse in arrivo lo dimostrano».
E sono proprio le nuove commesse legate a questi progetti a spingere l’azienda fondata da Bonaria nel 1976 a nuovi record, ordini che vedono come clienti finali ad esempio Google (Waymo) e Tesla, e che portano l’area automotive a valere il 30% dei ricavi del gruppo.
Attestati lo scorso anno a 122 milioni, nuovo massimo storico, con prospettive di ulteriore crescita sulla base del portafoglio ordini già consolidato in grado di saturare le linee produttive.
Risultati raggiunti investendo in attività di ricerca e sviluppo che consentono ad esempio il collaudo di sensori inerziali di alta accelerazione (tipicamente, sensori automotive per l'attivazione air-bag) o il test di dispositivi in presenza di differenti temperature per simulare le reali condizioni ambientali di utilizzo, o ancora funzioni di ispezione termica basate su tecnologie ad infrarossi in grado di predire malfunzionamenti anche qualora le misurazioni elettriche non rilevino difettosità. Nell'ambito dei tester per circuiti integrati è stata anche sviluppata una nuova architettura di sistema per collaudare la nuova generazione di componenti per le automobili del futuro che integrano sistemi capaci di “leggere” l'ambiente circostante e di agire autonomamente sui comandi della vettura.
«Le nuove tecnologie - aggiunge Bonaria - costringono i produttori ad acquistare sempre più macchinari di test, collaudo e calibrazione e negli anni ci siamo attrezzati per gestire questa accelerazione. Siamo veloci a progettare e riusciamo ad arrivare prima di altri sul mercato con le soluzioni richieste».
Flessibilità acquisita grazie ad un irrobustimento costante del reparto di ricerca e sviluppo, più in generale attraverso l’allargamento progressivo della pianta organica con continue iniezioni di ingegneri e tecnici. Dopo le 107 assunzioni dello scorso anno la sede principale di Volpiano sale così a 611 unità, a cui si aggiungeranno altri 100 nuovi ingressi pianificati nell’anno.
«A patto di trovarli - aggiunge Bonaria - perché tra gli ostacoli alla crescita vi è proprio la difficoltà crescente nel trobare il know-how adeguato, giovani preparati in informatica, elettronica e meccanica ai quali fare imparare il nostro difficile e bel mestiere».
Uno sviluppo non episodico quello di Spea, premiato anche dalla London Stock Exchange con l’inserimento tra le 1000 Pmi europee più dinamiche, costruito anno dopo anno grazie ad una strategia che poggia su alcune regole ferree: gli utili (60 milioni nel periodo 2013-2017) restano in azienda e con le banche non ci si indebita. Così, in pochi anni il patrimonio netto è più che raddoppiato (vale i tre quarti del passivo e poco meno dei ricavi) mentre alla voce “debiti con gli istituti di credito” il bilancio continua ad esporre la cifra zero.
«La crescita resta il nostro obiettivo - aggiunge Bonaria - anche se il nostro sistema in Italia non aiuta. Io ad esempio vorrei premiare i talenti con bonus ad personam ma il fisco oggi è troppo penalizzante e troppo timida è la detassazione dei premi di produttività: mi piacerebbe poter dare al singolo addetto anche 10 o 20mila euro, senza però arricchire in questo modo soprattutto il fisco».
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