La vera svolta nel sistema fieristico italiano – che ha solo di recente raggiunto un livello di maturità paragonabile a quello dei principali competitor internazionali – potrà arrivare soltanto quando questo settore verrà considerato dai governi come uno strumento consolidato di politica industriale, come avviene negli altri Paese. È su questa premessa che il nuovo presidente di Aefi (l’Associazione degli enti fieristici italiani), Giovanni Laezza, fonda il programma di azioni che lo aspetta nei prossimi mesi.
Passi avanti sono stati fatti negli ultimi anni, ammette Laezza, ad esempio con il Piano per il made in Italy introdotto dall’ex ministro allo Sviluppo economico Carlo Calenda, che per il triennio 2015-2017 ha stanziato 91 milioni a sostegno dell’internazionalizzazione delle principali manifestazioni italiane. «Fa piacere che l’attuale governo abbia confermato questa misura anche per il 2019 – osserva Laezza – visti i risultati ottenuti in questi anni, con un forte rilancio dell’incoming in Italia di buyer selezionati, che sono una leva fondamentale per l’export delle aziende piccole e medie». Il 50% delle esportazioni italiane trae origine, secondo stime degli operatori, proprio dai contatti instaurati durante la partecipazione a fiere. «Uno strumento validissimo che potrebbe essere potenziato aumentando l’attenzione verso le fiere minori, mondo dal quale provengo», spiega il presidente.
I temi aperti con le istituzioni sono tanti, a cominciare dalla questione dell’Imu che, da oltre dieci anni, per i quartieri fieristici è stata assimilata a quella dei padiglioni industriali, sebbene la percentuale di utilizzo degli spazi espositivi nel corso di un anno sia in media del 10%. «Chiediamo che la tassazione venga riportata alla classificazione precedente oppure che venga applicata in base ai giorni effettivamente utilizzati per le esposizioni», dice Laezza. In base ai coefficienti di utilizzo degli spazi espositivi, spiegano da Aefi, l’Imu applicata alle fiere non dovrebbe essere superiore al 10% di quella che paga un centro commerciale di pari superficie.
Non sono dettagli: si tratta di oneri aggiuntivi che rappresentano un forte aggravio per un comparto che è insieme specchio e motore dell’economia italiana e che non può permettersi ora che si affacci all’orizzonte una recessione. Il presidente Aefi non si sbilancia: «Non siamo in grado di fare previsioni per il 2019 – dice –. Dai dati a nostra disposizione risulta però che la performance del settore fieristico nel 2018 è stata indipendente dal mutamento economico complessivo, perciò spero che l’andamento resti positivo a prescindere da un eventuale rallentamento macroeconomico».
Nel terzo trimestre del 2018, secondo l’Osservatorio congiunturale Aefi, sono risultati in crescita tutti i parametri principali: numeri di manifestazioni, visitatori ed espositori. Anche l’andamento del fatturato è stato positivo per la gran parte degli operatori fieristici. Conferma la ripresa anche l’Osservatorio Cfi (Comitato fiere industria, l’agenzia di Confindustria per le fiere): fra i suoi soci, l’anno scorso gli espositori sono aumentati del 2,5% (del 6% quelli esteri) e i visitatori del 13,8% (+20% gli stranieri). «Questi numeri testimoniano la bontà del Piano per il made in Italy – osserva il segretario generale di Cfi, Franco Bianchi –. E dimostrano anche che gli operatori internazionali trovano nel mercato italiano un punto di riferimento importante, anche grazie alla particolare struttura della nostra imprenditoria, fatta di tante piccole e medie realtà di eccellenza».
Per l’anno in corso Aefi ha censito in Italia 200 fiere internazionali e 224 a carattere nazionale, concentrate soprattutto nei settori tessile-abbigliamento-moda, sport-intrattenimento-arte, gioielli-orologi e food-ospitalità. Ma, al di là dei numeri, qualche novità potrebbe essere in arrivo sul fronte delle sinergie o integrazioni – se non di acquisizioni o fusioni vere e proprie – tra enti fieristici, in linea con la politica di trasformazione del sistema avviata da qualche anno. «Il movimento è continuo – osserva Laezza –. Non dobbiamo perdere la particolarità del nostro sistema, che come tutta l’industria italiana è fatto di una moltitudine di realtà sul territorio. Ma è importante aver finalmente superato una logica di guerra tra quartieri, che in passato ha penalizzato tutto il settore, a favore di iniziative di dialogo e collaborazione».
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