Economia

Marina militare: allarme quota 100 all’Arsenale di Taranto

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difesa

Marina militare: allarme quota 100 all’Arsenale di Taranto

La crisi degli anni scorsi, quando non c'era lavoro, sembra passata. Adesso nell'Arsenale della Marina militare di Taranto, lo stabilimento industriale della Difesa addetto alla manutenzione delle navi militari, il lavoro c'è ma il personale tecnico si va rapidamente assottigliando e questo determina seri contraccolpi. Nel confronto con Comune di Taranto, sindacati e imprenditori, la Marina ha dichiarato che i bacini navali dell'Arsenale hanno lavoro assicurato sino al 2021, se non sino al 2022. Da dicembre scorso, intanto, si sta operando sulla portaerei Cavour, nave ammiraglia della flotta. Un progetto da oltre 70 milioni, guidato da Fincantieri, che ha costruito la Cavour, al quale sta partecipando anche l'indotto navalmeccanico locale. L'ammodernamento della Cavour permetterà l'imbarco degli aerei F35. E prima della portaerei, nel giro di poco più di un anno si è lavorato, sempre per manutenzione e ammodernamento, su un altro gruppo di navi (Carabiniere, Stromboli, Mimbelli, Etna, Zeffiro ed Euro) e su due sommergibili (Pelosi e Longobardo). Tuttavia questa fase positiva ora rischia di incepparsi per la mancanza di personale. Oggi l'Arsenale di Taranto, che è a supporto della più grande base navale della Marina, ha circa 1.300 dipendenti civili dipendenti del ministero della Difesa (il contingente dei militari è invece di un centinaio di unità). Età media, 55 anni. Quel che preoccupa è soprattutto lo stallo del turn over, l'uscita del personale per pensionamento e l'impoverimento dei profili tecnici. «E ora - commenta il sindaco di Taranto, Rinaldo Melucci - la penuria di dipendenti si aggraverà con l'applicazione della cosiddetta quota 100». «L’interesse dell'amministrazione comunale è che l'Arsenale torni ad essere un punto di riferimento nazionale per la cantieristica navale non solo militare» aggiunge il sindaco, che annuncia un documento di proposte per il Governo. «Il lavoro c'è e lo si vuole aumentare aprendo al naviglio mercantile - commenta Giancarlo Turi, segretario Uil Taranto -. La Marina ci ha anche detto che tra finanziamenti postati col Contratto istituzionale di sviluppo e risorse per la Cavour, sono a disposizione circa 150 milioni. I soldi per l'ammodernamento impiantistico dell'Arsenale attraverso il piano Brin - aggiunge Turi - sono stati spesi. Non così, invece, per la trasformazione di una parte dello stesso Arsenale in Polo museale che è uno dei progetti del Contratto di sviluppo». Per il segretario della Uil, il piano delle assunzioni si potrà sbloccare solo verso novembre. «Per l'Arsenale sarebbero un'ottantina di addetti in più, numero che riteniamo inadeguato, anche se non penso che il ministero della Difesa andrà oltre», osserva Turi. La Regione Puglia, con l'assessore allo Sviluppo economico, Cosimo Borraccino, quantifica invece in 250 unità nei prossimi tre anni il fabbisogno dell'Arsenale. «Va messo in campo - sostiene - un piano di formazione del personale sulle nuove navi che sono tecnologicamente avanzate e richiedono competenze altamente specializzate. Questo se vogliamo evitare che all'Arsenale sia affidato solo il compito di stazione appaltante e di controllo sui lavori, con la conseguente perdita delle manutenzioni su navi molto tecnologiche». «Il problema del personale - commenta Vincenzo Cesareo, presidente di Confindustria Taranto - è rilevante, certo, e non vorremo che questo, alla fine, portasse a spostare altrove lavori sulle navi assegnati a Taranto. Bisogna insistere sulla funzione produttiva dell'Arsenale più che sulla trasformazione di una parte dello stabilimento in Museo per finalità culturali e turistiche. Le nostre imprese - aggiunge Cesareo - vogliono tenere il punto, partecipare meglio a questa nuova stagione di lavori ma, soprattutto, visto che lo scenario ci parla di navi tecnologicamente avanzate, stare a pieno titolo nel trasferimento di competenze e di specializzazioni dai grandi gruppi all'indotto, che deve inevitabilmente crescere e riorganizzarsi. E questa è una priorità di cui devono farsi carico, oltre alle imprese, anche la politica e il Governo».

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