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Dossier Strategia cercasi per la transizione ecosostenibile

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    Dossier | N. 4 articoli Mobilità verso la svolta

    Strategia cercasi per la transizione ecosostenibile

    Le città diventano sempre più dense e soffocanti. Entro il 2050 l'urbanizzazione porterà il 60% della popolazione mondiale a concentrarsi nei grandi centri: uno scenario che richiede interventi strutturali per la sostenibilità del trasporto urbano. Nella direzione di una mobilità ecocompatibile, secondo il presidente della Commissione industria del Senato, Gianni Girotto, andrà anche la strategia del Governo. Oltre all'ecobonus per le auto meno inquinanti (con speculare ecotassa per l'acquisto di vetture nuove non ecologiche), al debutto il primo marzo, un decreto interministeriale dell'11 febbraio ha assegnato alle Regioni ordinarie 3,898 miliardi (tra cui 300 milioni accantonati dalla legge di Bilancio 2019), per il trasporto pubblico locale. «Non è un semplice trasferimento di risorse - spiega Girotto -, ma l'avvio di un programma diretto a diminuire il numero di auto private circolanti, a incentivare la diffusione di mezzi elettrici anche nel settore della consegna delle merci, ad agevolare l'acquisto di vetture meno inquinanti, a incentivare car sharing e car pooling». Tra le priorità, la ricarica a domicilio con stazioni mobili e l'autobus modulare prenotabile con app. Ma la svolta green sulla mobilità è ancora lontana. Enrico Giovannini, portavoce dell'Alleanza per lo sviluppo sostenibile (nonché docente all'Università di Tor Vergata e fresco vincitore del premio di letteratura economica e finanziaria del Canova Club Roma) rileva: «Nel nostro Paese sono state avviate azioni positive per la mobilità sostenibile, ma a macchia di leopardo, secondo i piani dei singoli sindaci; mancano una strategia complessiva per le città, in ottica di sistema, e un messaggio forte al settore privato». Il tema sarà fra quelli al centro dell'incontro organizzato domani dall'Asvis alla Camera, per l'analisi dell'impatto della legge di Bilancio sulle diverse dimensioni dello sviluppo sostenibile e l'aggiornamento degli indicatori sulla situazione dell'Italia rispetto ai 17 Obiettivi dell'Agenda 2030 Onu.
    In Italia il quadro si complica per l'aumento del tasso di spostamento quotidiano dei cittadini: si è passati – come risulta dal libro bianco EY «La mobilità del possibile» - dal 75 all'84% nel solo ultimo quinquennio. Ulteriore particolarità, «gli spostamenti avvengono per il 73,6% in ambito cittadino con percorsi di prossimità in media di 4 km – segnala Paolo Lobetti Bodoni, Italy and Mediterranean Strategy&Operations leader di EY –: un problema che riguarda i 22 milioni di abitanti (e i 670 miliardi di valore aggiunto prodotto) delle 14 città metropolitane, dove l'improduttività in coda nel traffico (che include il costo del carburante) è infatti stimatà in 15 miliardi di euro di costi nel prossimo decennio».

    Converrà investire nel potenziamento delle infrastrutture stradali e agevolare la transizione verso auto meno inquinanti. Ma la svolta non sembra immediata. Lo studio EY ricorda come in Italia nel 2017 siano state immatricolate appena 5mila vetture elettriche, per una quota di mercato dello 0,25%. Ben poco, rispetto al milione di elettriche “pure” vendute nel 2017 nel mondo (con il 40% in Cina, il 30% in Europa e il 20% negli Usa). Si dirà che il problema italiano è la scarsità di colonnine di ricarica. In effetti, quelle pubbliche, pur aumentate del 250% nell'ultimo quadriennio secondo uno studio Roland Berger, nel 2018 superavano di qualche centinaio le 4mila unità. Ma a questo dato vanno aggiunte le 10mila colonnine private e quelle posizionate dagli operatori elettrici e dalle municipalità. Ad esempio, Enel X sta attuando un piano da 300 milioni per attivare, entro il 2022, 14mila nuove colonnine, ognuna a due prese, secondo le tipologie Quick (22 KW), Fast (50 KW) e Superfast (350KW). I tempi di passaggio all'elettrico non saranno comunque brevi.
    Il passaggio è reso ancora più problematico dal contrasto tra interessi pubblici e privati. Su scala locale gli enti pubblici tendono a costruire uno scenario che massimizzi l'uso delle modalità di trasporto, per esempio promuovendo il maggior numero di passeggeri per ogni veicolo. Molti operatori privati perseguono invece quello che un report di Boston consulting group («Solving the cooperation–paradox in urban mobility») definisce modello di proliferazione dei beni: «più veicoli, strade, parcheggi e ore di tempo per i veicoli a noleggio; ma questi obiettivi contrastanti creano un paradosso di cooperazione». La soluzione suggerita - basata sui modelli fin qui vincenti di Singapore, Dubai, Hong Kong e Londra - è l'istituzione di un'autorità pubblica di coordinamento sui sistemi di mobilità. Senza un impulso politico forte, infatti, il circolo virtuoso non si innesca: lo studio Bcg rileva infatti come a Parigi il 75% dei cittadini tra i 25 e i 45 anni prova nuovi servizi di mobilità, ma meno del 6% però li sceglie nel quotidiano. La mobilità sostenibile va incentivata e resa possibile, nel concreto. La strada è ancora lunga, ma è tracciata.

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