Sono passati 500 anni dalla morte di Leonardo da Vinci, e la Toscana – sua terra natale oltre che di formazione – ha già cominciato a festeggiarlo (e continuerà per tutto il 2019) con mostre, convegni, spettacoli e visite, mirate a metterne in risalto la poliedricità e la genialità. Anche il mondo delle imprese si è mosso: Confindustria Firenze si è alleata con Assolombarda per dar vita, sull’asse Firenze-Milano che è stata strategica per l’attività dell’artista-scienziato, un grande evento con le Gallerie degli Uffizi in programma il 3 maggio a Firenze.
L’innovazione come fil rouge
Ed è proprio all’ingegno leonardiano che ora la Toscana vuol ispirarsi per ripartire. Idee, invenzioni, ricerca e applicazioni innovative sono il carburante che serve per tamponare il rallentamento all’orizzonte. Il 2019 – ormai è sicuro - non sarà un anno brillante per l’economia regionale, col Pil stimato in crescita lieve (+0,8% è la previsione attuale dell’Irpet, l’istituto regionale per la programmazione economica della Toscana, che però ha già annunciato una revisione al ribasso) e gli investimenti produttivi che ristagnano, frenando la domanda interna.
L’export continua a trainare
In un contesto nazionale e internazionale non brillante, le speranze della Toscana sono appese (ancora) all’export (+2,3% nei primi nove mesi 2018, ultimo dato disponibile, anche se la media italiana segna +3,1%), che vale più di 35 miliardi di euro all’anno, e alla tipologia di beni prodotti.
«La Toscana ha un apparato manifatturiero incentrato sui prodotti di lusso e di qualità – dice il presidente della Regione, Enrico Rossi – per i quali i mercati mondiali sono disposti a spendere. Per questo pensiamo di poter far fronte a questa fase di recessione, una fase in cui imprese, lavoratori e, mi sento di dire, anche l’istituzione regionale stanno svolgendo un ruolo importante». Che però non basta.
Riaprire i cantieri
«Per arginare la fase recessione in cui siamo entrati servono gli investimenti – ammonisce Rossi – a partire da quelli pubblici: abbiamo opere per 3,5-4 miliardi già autorizzate ma ferme, dalle terze corsie autostradali alla stazione dell’alta velocità, dalla nuova pista dell’aeroporto di Firenze alla Tirrenica e alla Darsena Europa, che ora devono ripartire. Fatti i conti, e considerato l’indotto, in Toscana si potrebbe arrivare a distribuire sette miliardi in due-tre anni». Il cerino è in mano al Governo che – si limita a dire Rossi – «dovrebbe applicare il principio di continuità amministrativa per evitare che le opere si blocchino»; ed è in mano anche alla giustizia amministrativa che oggi può fermare tutto per anni. «Serve una legge che, in caso di ricorso contro il vincitore di un appalto, preveda l’eventuale risarcimento danni ma non il subentro di una nuova azienda».
Verso un Patto per lo sviluppo
Investimenti e cantieri rappresenteranno il “cuore” del Patto per lo sviluppo che Rossi ha appena proposto alle categorie economiche e sociali, per riavviare un dialogo che negli ultimi tempi si è sfilacciato. Un Patto che piace ad Alessio Ranaldo, presidente di Confindustria Toscana, anche se «arriva un po’ tardi» (il mandato di Rossi, non più rinnovabile, scadrà nella primavera 2020): «Proprio perché il tempo è poco – sottolinea Ranaldo – bisogna che il Patto si concentri solo su due-tre temi: infrastrutture, formazione e rifiuti industriali, oltre ai fondi europei che però sono presidiati».
I 3 punti fermi degli industriali
Le infrastrutture sono il tasto su cui Confindustria batte da sempre, sia a livello nazionale che territoriale; la formazione è il “pallino” di Ranaldo che vorrebbe colmare la distanza tra i bisogni delle aziende e i programmi delle scuole; i rifiuti industriali sono l’emergenza più recente con cui le aziende si trovano a fare i conti per la carenza di impianti di smaltimento.
«Le infrastrutture servono a rimettere in moto il mercato e a creare posti di lavoro – spiega Ranaldo – mentre la formazione serve a non perdere lo slancio una volta che si è fatta ripartire l’economia. Almeno queste due leve in Toscana vanno assolutamente azionate nei prossimi mesi, considerato che, al momento, non si vedono prospettive concrete di miglioramento dell’economia. Anzi, il calo di fiducia e il clima di incertezza in Italia stanno portando a un raffreddamento degli ordini sul mercato nazionale». Il rischio ulteriore, secondo il presidente di Confindustria Toscana, è che avvicinandosi le elezioni regionali l’attenzione venga dirottata su altri temi o su progetti di breve respiro.
Timore di una stretta creditizia
A generare timori, in questo contesto, sono anche le nascenti difficoltà di accesso al credito per le piccole e piccolissime aziende, che sono la fetta più grossa del sistema imprenditoriale toscano. «Di fronte a una crisi il popolo minuto del commercio e dell’artigianato rischia di saltare – sottolinea il presidente Rossi – per questo destineremo 60 milioni di euro, provenienti dai fondi di rotazione, per garantire prestiti di liquidità ai piccoli e piccolissimi imprenditori». Non soldi per fare investimenti, dunque, ma per far fronte alle esigenze quotidiane, che prima si ottenevano chiedendo un prestito in banca e che adesso, con le regole più restrittive sulla concessione del credito, i piccoli hanno difficoltà ad avere.
Sviluppo a due velocità
Se nel complesso la Toscana viaggia a una velocità più contenuta rispetto alle regioni “forti” del Paese, a partire da Lombardia e Emilia Romagna, è anche vero che il suo nucleo centrale – formato dall’area metropolitana di Firenze-Prato-Pistoia e dalla valle dell’Arno fino ad Arezzo e Siena – ha indicatori in linea con i migliori della classe. L’eterno problema resta dunque quello della Costa, rimasta indietro nello sviluppo e ancora oggi con pochi segnali di risveglio, nonostante i (tanti) soldi nazionali e regionali stanziati attraverso gli accordi di programma. Ma regole farraginose e criteri selettivi hanno finora frenato gli investimenti privati; mentre burocrazia, litigi e inchieste giudiziarie hanno bloccato parte degli investimenti pubblici, a partire dall’ampliamento a mare del porto di Livorno attraverso la Darsena Europa. Adesso si spera negli indiani di Jindal che hanno rilevato l’acciaieria ex-Lucchini ora Aferpi di Piombino, motore industriale della costa che dà lavoro a più di duemila persone.
Fonti dell’innovazione
È il motore che potrebbe affiancarsi alle turbine del colosso Nuovo Pignone (che ha ripreso a marciare con 800 milioni di dollari di nuove commesse), ai farmaci di Menarini, Eli Lilly, Kedrion e Gsk, alla moda di Gucci, Ferragamo e dei tanti marchi stranieri che vengono a produrre qui, alla carta igienica di Sofidel e degli altri produttori del distretto lucchese, alla Vespa della Piaggio, al rame di Kme e al recupero metalli preziosi di Chimet. Tutti settori dove la ricerca e l’innovazione sono di casa, nel solco di Leonardo.
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