In Europa, nell’innovazione agricola, la leadership è dei Paesi Bassi, seguiti da Belgio, Germania e Danimarca. Mentre l'Italia si colloca soltanto a metà classifica. E' il quadro sull'innovazione nel settore agroalimentare italiano secondo l'Agrifood Innovation Index, che Nomisma ha presentato oggi a Roma in un incontro organizzato dall'Associazione Luca Coscioni e Science for Democracy.
I risultati dello studio sono riassunti in un indice, appunto, monitorabile nel tempo e che misura (da 0 a 100) il grado di innovazione del settore primario italiano sulla base dei dati di performance produttiva e ambientale delle imprese agricole. L'indice, che mette a sistema indicatori di produttività delle colture e degli allevamenti e indicatori di sostenibilità ambientale, assegna il primo posto all’Olanda con 88 punti, seguono il Belgio e la Germania con 62, la Danimarca con 56 e, quindi, l’Italia con i suoi 49 punti.
Secondo Nomisma, a penalizzare l’agricoltura italiana sono diversi fattori: solo il 15% dei nostri agricoltori ha meno di 44 anni e solo il 6% ha una formazione agraria completa. Con un valore di produzione di circa 43mila euro, inoltre, le imprese agricole italiane hanno una dimensione economica tre-quattro
volte inferiore rispetto a quelle in Regno Unito, Francia o Germania. E siamo anche agli ultimi posti per investimenti in ricerca e sviluppo: spendiamo solo lo 0,52% del Pil, rispetto a una media Ue dello 0,72%. La spesa pubblica in Italia per l’R&D in agricoltura è di appena 4,5 euro a persona, rispetto ai 20,2 euro dell'Irlanda.
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