Una rete di sei Officine farmaceutiche in grado di ospitare 48 “stanze di trasformazione” con una capacità produttiva a regime, cioè al 2022, di mille trattamenti all’anno. Investimento stimato: 60 milioni di euro. Costo per trattamento: 61mila euro. È tutta in questi numeri la sfida lanciata dal “Progetto Italia Car T Cells”, messo a punto dal ministero della Salute e non ancora divulgato. Un programma raccontato in dieci pagine condivise con l’Agenzia italiana del farmaco, e che punta dichiaratamente a «sviluppare una rete nazionale in grado di effettuare attività di ricerca, produzione e trattamento del paziente affetto da patologie tumorali eleggibili alla terapia genica Car T-Cell».
Un piano che guarda a una doppia fonte di finanziamento: la legge sull’edilizia sanitaria per l’investimento iniziale e gli obiettivi di Piano del Fondo sanitario nazionale per la gestione (61,2 milioni dal 2022, quando le Car T avranno una tariffa di rimborso dedicata).
«Con le Car T – spiega il presidente di Farmindustria Massimo Scaccabarozzi - siamo di fronte al terzo cambiamento epocale dopo gli antibiotici e i vaccini. Il problema è che vanno sviluppate tutte le competenze per valutarle adeguatamente». Oggi le uniche due Car T autorizzate da Ema e in attesa di arrivare ai pazienti italiani sono delle multinazionali Gilead e Novartis. Il tassello mancante, dopo l’ok della commissione tecnico-scientifica dell'Aifa, è la definizione del prezzo di rimborsabilità. Una trattativa appena iniziata, che parte da cifre ben superiori ai 61mila euro cui si vorrebbe arrivare con le «Car T di Stato». Anche da un'esigenza di sostenibilità nasce il progetto del Governo, originato dal via libera a una mozione della commissione Cultura di Montecitorio che a dicembre scorso impegnava 10 milioni di euro per uno studio di fattibilità su una rete di siti produttivi pubblici presso gli Irccs . Con un solo partner privato: l’azienda italiana MolMed.
«Abbiamo due officine di produzione autorizzate, le uniche in Europa per la produzione di terapie cellulari ex vivo, quindi portiamo un’esperienza che non ha eguali nella realizzazione di terapie cellulari secondo standard GMP (Good medical practice, ndr)». Così Riccardo Palmisano, Ad MolMed e presidente di Assobiotec, dà conto del coinvolgimento nella via italiana alle terapie cellulari. Un progetto che mira anche a soddisfare l’intera platea dei pazienti eleggibili: 600 trattabili ogni anno, di cui 60-70 pediatrici. «Tra le motivazioni del progetto – si legge nel documento – vi è anche la consapevolezza dell'attuale sottodimensionamento della capacità produttiva, in relazione alla potenziale domanda attuale, da parte delle stesse aziende detentrici dell’autorizzazione Ema».
Il Governo sembrerebbe dunque intenzionato a portare avanti due processi paralleli. Una soluzione accolta dall’industria: «Il progetto Irccs è estremamente positivo se crea competenza, conoscenza e capacità di trattamento e se si realizza quel meccanismo virtuoso che porta a sperimentare nuove indicazioni e a ridurre i costi», afferma il Vice President e General Manager di Gilead Italia, Valentino Confalone. Che precisa: «Purché non blocchi l'iter di accesso a quanto oggi già disponibile». A mettere sotto la lente il nodo della capacità produttiva è Gianluca Fincato, direttore medico Novartis Oncologia: «Il nostro atteggiamento è di estrema apertura ma la quantità di terapie che serve non può essere prodotta dagli istituti pubblici».
Attrezzare le strutture già esistenti richiederà, secondo il ministero, tra i 4 e i 12 mesi più i tempi di attivazione (un altro anno). Ma per avviare ex novo un'Officina serviranno non meno di 2,5-3 anni.
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