«La Cina è un mercato fondamentale per il nostro sviluppo. Fa parte di una strategia globale, che è finalizzata a migliorare
il nostro posizionamento e ad aumentare la nostra dimensione. Il consolidamento dell’automotive industry non riguarda soltanto
i carmakers. Riguarda anche i produttori di componentistica. Per questa ragione, non escludiamo operazioni di acquisizione
e di fusione. Anche a costo di sacrificare il controllo assoluto che oggi abbiamo di Brembo. Possiamo scendere sotto il 50%,
senza naturalmente rinunciare al controllo strategico e gestionale della nuova realtà».
Alberto Bombassei, fondatore e presidente di Brembo, è a Nanchino per l’inaugurazione del nuovo impianto per la produzione di pinze freno in alluminio. Si tratta di un investimento da 100 milioni di euro che integra lo stabilimento per la produzione di dischi freno aperto sette anni fa.
Prima dell’inaugurazione del nuovo impianto, parlando con Bombassei viene naturale inserire questa operazione industriale
nel più ampio contesto della realtà tecnomanifatturiera e delle prospettive strategiche di Brembo. Nel 2018, Brembo ha fatturato
2,6 miliardi di euro con un Ebitda di mezzo miliardo di euro. «Come tutti sanno abbiamo trattato per l’acquisizione di Magneti
Marelli, che poi Fca ha ceduto a Calsonic Kansei. Con Magneti Marelli, avremmo compiuto un salto dimensionale notevole, acquisendo
un’azienda grande tre volte noi. Non è andata bene. Ma non ci fermiamo. Non abbiamo paura di compiere un grande salto in avanti.
Anche a costo di modificare il tipo di controllo esercitato sul nostro gruppo», continua Bombassei.
Questo rilevante investimento sul mercato cinese – il terzo impianto produttivo, più una società puramente commerciale – si inserisce in una metamorfosi industriale e societaria non da poco. Oggi la famiglia Bombassei ha il 53% della società. Il 18 aprile l’assemblea degli azionisti a Bergamo sarà chiamata ad approvare – in sede straordinaria, dopo quella ordinaria per l’approvazione del bilancio e del dividendo (0,22 euro per azione) - l’introduzione del voto maggiorato, che assegnerà due voti ad ogni azionista che avrà conservato il titolo per più di 24 mesi. Questo meccanismo consentirà di gestire con più agio – e con più forza – le operazioni straordinarie che, se non nei fatti, almeno nei progetti sono alle viste per Brembo, con il mantenimento del controllo anche in un nuovo ipotetico aggregato, attraverso il calo della quota ma un pacchetto di diritti di voto più che proporzionale.
Questa strategia ha un punto di partenza e un punto di arrivo. Il punto di partenza è la solidità di un gruppo che ha ricavi ormai abbondantemente superiori ai due miliardi e mezzo di
euro e che, nel 2018, ha sviluppato un utile netto pari al 9% del fatturato, a fronte di un indebitamento finanziario netto
di soli 137 milioni di euro. Il punto di arrivo è una realtà della componentistica più forte, in grado di competere in un
comparto capital intensive che – fra accordi tecnomanifatturieri e operazioni sull’equity – sta cambiando pelle non solo agli
assemblatori finali, ma anche ai fornitori di componenti e di sistemi.
In mezzo c’è la disponibilità della famiglia Bombassei a sacrificare, sull’altare di una operazione straordinaria, il simulacro
del controllo assoluto mantenendo l’indirizzo strategico e il controllo operativo – con quote anche abbondantemente sotto
il 50% - della Brembo.
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