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Il vino italiano punta sull’Est Europa

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Il vino italiano punta sull’Est Europa

Sono giovani e non bevono a tavola ma alla sera, quando escono. Preferiscono i vini frizzanti, poco impegnativi, lambrusco e spumante soprattutto. E grazie all'aumento del potere d'acquisto si stanno rivelando un mercato interessante. Piccolo, ma con tassi di crescita promettenti. Benvenuti tra i nuovi consumatori di vino dei Paesi dell'Est Europa. Dove prima si bevevano soprattutto birra e superalcolici, ma ora che il tenore di vita è aumentato c'è sempre più voglia di stile occidentale. Italia, Francia e Spagna sono i modelli da seguire, e in questi tre Paesi si beve vino.
Se ne sono accorti i manager di Cantine Riunite & Giv, che con oltre 615 milioni di fatturato si confermano il primo gruppo italiano del vino secondo l'indagine Mediobanca. «I paesi dell'Europa dell'Est - racconta Vanni Lusetti, direttore generale del gruppo cooperativo - oggi rappresentano il 10% del nostro export. Non una quota grandissima, ma se nel 2018 le nostre esportazioni sono cresciute in media del 6%, qui hanno messo a segno un più 20% in valore». Presente come ogni anno al Vinitaly con i suoi marchi più importanti - da Nino Negri a Rapitalà, da Lamberti a Castello Monaci - il più grande gruppo cooperativo italiano del vino a Est esporta soprattutto in Ucraina, in Bielorussia, in Romania e in Polonia: «Tra i mercati emergenti l'Ucraina è forse il più interessante per noi - racconta Lusetti - anche se naturalmente la Russia resta il Paese più importante. Certo, con l'embargo gli affari sono un p' calati per noi. Non tanto perché esportare vino fosse vietato, perché le restrizioni non hanno mai coinvolto gli alcolici, ma perché in generale il potere d'acquisto ne ha risentito».
La percezione delle Cantine Riunite è confermata dai dati dell'Osservatorio Vinitaly-Nomisma: negli ultimi cinque anni le importazioni di vino dei Paesi dell'Europa Orientale sono aumentate del 26% senza contare la Russia, e nel 2018 hanno superato quota 1,2 miliardi di euro. Tutti insieme, fanno un mercato da export grande quasi quanto il Giappone. Ma con tassi di crescita della domanda decisamente più alti: tra il 2013 e il 2018 l'import di vino della Croazia è aumentato dell'86%, quello della Romania del 66%, quello della Polonia del 49% e quello della Bulgaria del 61 per cento.
Per il vino italiano, poi, la rincorsa in alcuni di questi Paesi è addirittura più alta: negli ultimi cinque anni l'export delle nostre etichette in Croazia è aumentato del 270%, quello verso la Lettonia del 110%, verso la Polonia del 108% e verso la Romania dell'88%. Preso tutto insieme, l'Est Europa - Russia esclusa - l'anno scorso hanno fatto incassare al made in Italy del vino quasi 290 milioni di euro: il doppio, rispetto ai 142 milioni di export vinicolo che l'Italia piazza in Cina. Senza contare che la maggior parte di questi Paesi fa parte dell'Unione europea: esportare qui, per le cantine italiane, è più semplice logisticamente ed è a dazio zero.
Chi sta già monetizzando la crescita della domanda in questi mercati? «Ai tempi dell'Urss - ricorda Lusetti - la Moldova era il Paese che produceva lo spumante per sé e per tutte le altre repubbliche. Oggi, invece, il concorrente da battere è la Spagna, che è molto aggressiva su questi mercati».
La sfida, in questi Paesi, si gioca tutta sui prezzi. Ne è convinta anche Chiara Lungarotti, ad dell'omonima cantina umbra che produce 2,5 milioni di bottiglie e fattura 8,6 milioni di euro, il 45% dei quali sui mercati esteri. «Abbiamo cominciato a guardare all'Europa dell'Est 25 anni fa. Siamo partiti dalla Lituania, dove a distanza di tutti questi anni ancora continuiamo a crescere. Oggi vendiamo bene anche in Ungheria, nella Repubblica Ceca e in Polonia. Quella di Varsavia è forse la piazza più sensibile al tema del prezzo. Romania e Bulgaria restano invece due paesi produttori di vino, e qui esportiamo ». Nell'Est europeo Lungarotti spedisce soprattutto Rubesco e Grechetto: «Vendiamo quasi tutto attraverso la ristorazione - dice l'ad - tranne a Praga, dove invece va forte il canale online».

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