Vittoria di Assilea sull’Agenzia delle entrate, in tema di leasing nautico sulle imbarcazioni da diporto. La corte di Cassazione
ha respinto la tesi delle Entrate secondo la quale un maxicanone iniziale pari al 50% del valore del leasing di uno yacht
(giudicato non usuale perché nella media si assesta su un valore del 25%), sarebbe di per sé un indice di «abuso del diritto».
La Corte, inoltre, non rileva che sia determinato anche in considerazione di una permuta.
La Cassazione, sottolinea una nota di Assilea, si è pronunciata nell’ambito di più contenziosi scaturiti dalla contestazione
dell’amministrazione finanziaria relativi all’applicazione della normativa Iva (forfetaria) a contratti di leasing nautico
a privati.
Secondo le Entrate, spiega la nota, il contratto di locazione finanziaria avrebbe presentato anomalie tali da far propendere
«per una sostanziale simulazione in luogo di una vendita», determinando quindi, «l’inapplicabilità dell’Iva forfetaria». Tra
i principali elementi di anomalia contestati «c’erano anche la durata di (soli) 36 mesi» del contratto «e l’importo notevolmente
basso del canone di riscatto».
Riguardo al maxicanone, già in sede di appello la Commissione tributaria regionale del Veneto aveva sentenziato che il versamento corrispondente al 50% del prezzo dell’imbarcazione era «funzionale all'opportunità di limitare il rischio finanziario in capo alla società di leasing».
Il basso prezzo del riscatto finale, poi, era stato ritenuto coerente con il fatto che i canoni pagati dall’utilizzatore fossero
effettivamente tali da coprire quasi interamente il costo finanziario dell’operazione. E ciò corrispondeva a uno degli elementi
di garanzia dell’investimento, da parte della società di leasing.
La Commissione di appello aveva ritenuto, quindi, che «un basso prezzo del riscatto non fosse nella specie interpretabile
quale indizio di una carenza della funzione finanziaria del contratto», né come indizio di una anomalia dell’intera pattuizione
contrattuale.
La Cassazione, sul primo motivo di ricorso (la falsa applicazione di un contratto di leasing), chiarisce la nota, ha respinto
la visione delle Entrate che «mira a sostituire la propria valutazione dei fatti a quella condotta dal giudice» di primo e
secondo grado.
Sul secondo motivo di ricorso (l’abuso di forme giuridiche in materia di applicazione Iva) ha accertato «in capo al contribuente
l’interesse economico proprio del concedente leasing finanziari (…) e quindi l’assenza del mero scopo di ottenere un risparmio
fiscale».
La Corte ha esaminato anche la tesi dell’Agenzia delle entrate secondo cui l’importo del maxicanone iniziale era determinato
dalla permuta di un’altra imbarcazione e ha riconosciuto il valore della pronuncia di primo grado, in cui si afferma la correttezza
dell’applicazione dell’Iva forfetaria anche ai canoni di pre locazione, come derivanti «dalla necessità di consentire che
l’imbarcazione fosse realizzata dal fornitore secondo le specifiche esigenze dell'utilizzatore».
«Assilea, in condivisione con Ucina Confindustria Nautica - afferma Luigi Macchiola, direttore generale dell’Associazione italiana leasing - ha sottoposto all’attenzione dell’Agenzia delle entrate la richiesta di un aggiornamento degli indicatori di anomalia ricompresi nella nota del 2009 emanata dalla Direzione centrale accertamento. È necessario anche rivedere il concetto di anomalia associato all’esistenza di garanzie, che ha portato gli operatori a limitarle il più possibile, se non a escluderle, mentre sono ricorrenti in tutte quelle fattispecie contrattuali in cui il valore del bene non rappresenta una garanzia sufficiente a causa della volatilità dei prezzi, ovvero per le difficoltà di rivendita».
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