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Made in Italy: da Kiribati alla Germania, tutte le rotte…

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i primati della manifattura

Made in Italy: da Kiribati alla Germania, tutte le rotte dell’export da record

(Imagoeconomica)
(Imagoeconomica)

Kiribati e Pitcairn sono puntini sperduti nel nulla dell’Oceano Pacifico. Isolette molto spesso disabitate, atolli, spiagge bianche, resti delle feroci battaglie tra esercito americano e giapponese nella seconda guerra mondiale. Eppure anche lì, a circa 75 ore di volo e a quasi 16mila km da Roma, arrivano le rotte del made in Italy. Verso Kiribati l’export italiano nel 2018 ha compiuto un balzo del 3.558%, grazie alla vendita di latticini per 129mila euro. Nel 2016 le commesse sono state più che doppie: 280mila euro, questa volta in carta da parati.

Piccoli mercati estemporanei
I Paesi che nel 2018 fanno segnare i maggiori incrementi percentuali sono quasi tutti mercati estemporanei, con grandi fluttuazioni da un anno all’altro e performance quasi sempre legate a singole commesse. Il loro peso specifico è irrisorio rispetto ai quasi 444 miliardi di esportazioni manifatturiere del 2018 – record assoluto, con un +3% sul 2017 nonostante la frenata di fine anno – ma rappresentano un esempio significativo della capacità della manifattura italiana di arrivare ovunque. Come alle isole Pitcairn, un mini arcipelago vulcanico nel Pacifico meridionale. Lì, le esportazioni di made in Italy nel 2018 sono cresciute del 1.614%% grazie alla vendita di macchinari per cave e miniere; due anni prima, nel 2016 questa stessa voce ha sfiorato gli 800mila euro.

I PAESI DOVE L’EXPORT ITALIANO È CRESCIUTO DI PIÙ IN % NEL 2018
Valori in Euro, dati cumulati

La passione del Kazakhstan per moda, scarpe e mobili italiani
Con il Kazakhstan si comincia a fare un po’ più sul serio: il valore dell’export made in Italy non è paragonabile a quello diretto verso i principali partner, ma nel 2018 supera comunque il miliardo di euro, con un incremento del 73% rispetto all’anno precedente e il Paese è considerato tra i mercati di sbocco promettenti per tutta una serie di settori della manifattura italiana: dal lusso ai macchinari. I dati Istat certificano vendite alla repubblica caucasica per oltre 300 milioni di apparecchiature per la distribuzione di energia elettrica, 200 milioni di meccanica strumentale, 100 milioni di prodotti in acciaio. Ad Astana, però , piace molto il gusto italiano: lo confermano i 55 milioni di abbigliamento, i 24 di calzature, i 20 di mobili made in Italy importati lo scorso anno.

I primi dieci mercati assorbono il 60% del made in Italy
I primi dieci paesi di destinazione del made in Italy, da soli, rappresentano quasi il 60% delle esportazioni totali della manifattura tricolore (il 58,8%), con un valore cumulato di oltre 261 miliardi di euro. Sui primi tre gradini del podio si trovano gli storici partner dell’Italia: Germania (oltre 55 miliardi il nostro export, +4,3% rispetto al 2017; 11 miliardi in più rispetto al 2008 pre-crisi), Francia (quasi 47 miliardi, +4,8%) e Stati Uniti (42 miliardi, +4,9%). Insieme rappresentano circa un terzo dell’export della nostra manifattura, e questo fa capire anche perché la salute dell’economia nazionale sia strettamente legata all’andamento di quella di Berlino, Parigi o Washington. A crescere di più all’interno della top ten delle esportazioni made in Italy, sono state però Paesi Bassi, +10,1% a quasi 11 miliardi, e la Svizzera: +8,9% per 21,7 miliardi. I segni negativi, invece, riguardano la Cina e il Belgio, entrambi i Paesi assorbono merci per oltre 12,6 miliardi e hanno fatto segnare una flessione superiore al 2%.

I PRINCIPALI COMPRATORI DI MADE IN ITALY NEL 2018
Valori in milioni di euro, dati cumulati

I due volti dei cari, vecchi Brics
Che fine hanno fatto i cari, vecchi Brics? I Paesi rappresentati dall’acronimo che sta per Brasile, Russia, India, Cina e Sud Africa, coniato negli anni scorsi per indicare il gruppo di economie e di mercati a forte sviluppo, mostrano due volti, non troppo incoraggianti: da un lato Brasile, India e Sud Africa hanno chiuso il 2018 con crescite anche consistenti, che vanno dal +2,4% del Brasile al +8,7% del Sud Africa, fino al +11,5% dell’India; dall’altro Cina con -2% e Russia con -4% lasciano l’amaro in bocca alle imprese italiane. Soprattutto perché questi ultimi due mercati assorbono merci per un valore più che doppio rispetto agli altri tre: 20,1 miliardi contro 9,6. Nel caso della Russia pesa una situazione economica non floridissima e le sanzioni legate alla crisi Ucraina che continuano a penalizzare l’interscambio. La Cina, invece, rappresenta ormai da anni un potenziale inespresso per il made in Italy, che non riesce a penetrare quell’enorme mercato come potrebbe e dovrebbe. In compenso la bilancia commerciale continua a pendere pesantemente dalla parte di Pechino per circa 18 miliardi (le importazioni dell’Italia valgono oltre 30 miliardi). Riuscirà il recente Memorandum of understanding siglato tra i due Paesi a riequilibrare l’interscambio?

Non rientra tra i Brics, ma la Turchia è certamente tra i principali mercati di sbocco per i prodotti italiani (è il 12°). Anche per questo preoccupa il calo del 13,2% fatto segnare a fine 2018. Sulle esportazioni pesa la crisi economica interna del Paese guidato da Erdogan.

I PRINCIPALI SETTORI MANIFATTURIERI ESPORTATORI NEL 2018
Valori in milioni di euro, dati cumulati

I magnifici dieci della manifattura italiana
Meccanica strumentale, tessile e abbigliamento, mezzi di trasporto: sono i primi tre settori dell’export mad in Italy che vende nel mondo macchinari per 81 miliardi di euro, moda per quasi 53 miliardi, veicoli per 51 miliardi. Messi insieme fanno 185 miliardi: il 42% di tutte le esportazioni manifatturiere. Con il tessile abbigliamento che proprio nel 2018, grazie all’incremento del 3,3% e alla contemporanea stazionarietà dei mezzi di trasporto, è salito in seconda posizione. La classifica elaborata sulla base dei dati Istat, vede poi la metallurgia con quasi 50 miliardi di esportazioni, in crescita del 5,1%, l’agroalimentare con oltre 35 miliardi, la chimica con 30, quindi gomma-plastica con 27 miliardi, farmaceutica con poco meno di 26 miliardi, apparecchiature elettriche con circa 24 miliardi e elettronica con 15,4 miliardi. Sono questi i “magnifici dieci” settori della manifattura italiana, gli stessi che negli anni della grande crisi hanno tenuto in piedi l’economia con la loro capacità di penetrare i mercati esteri quando gli acquisti interni faceva segnavare un encefalogramma piatto.

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