Economia

Vino, tra crisi e polemiche la Germania compra meno made in Italy

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export dai due volti

Vino, tra crisi e polemiche la Germania compra meno made in Italy

È stata per anni il principale mercato per il vino italiano. Per valori non lo è più già da un po’, ancora mantiene un ruolo di primo piano per i volumi acquistati ma a breve potrebbe perdere anche questo primato. Si tratta della Germania, da sempre uno degli sbocchi chiave per le etichette made in Italy che, però, complice l’attuale fase di stagnazione se non di vera e propria recessione, rischia di voltare le spalle al vino italiano.

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I numeri parlano chiaro. In Germania nel 2018 è stato esportato vino made in Italy per un miliardo e 37 milioni (+4% in valore) il che ha consentito di sfondare la soglia del miliardo di euro. Ma i volumi hanno fatto segnare una pesante battuta d’arresto si sono fermati a 5,17 milioni di ettolitri: il 9,6% in meno rispetto ai 5,71 milioni del 2017. La performance tedesca si è rivelata peggiore della media generale che ha registrato un calo dei volumi esportati dell’8%.

A pesare è la crisi economica ma anche l’agguerrita competizione nella grande distribuzione. Supermercati e soprattutto discount veicolano circa il 70% delle vendite di vino in Germania e al recente Vinitaly di Verona, nel corso di una tavola rotonda dedicata proprio al vino nella grande distribuzione, è stato ricordato come le vendite delle bottiglie italiane nella Gdo tedesca siano calate nel 2018 del 2,8% con una vera e propria debacle nei discount (-40%).

E non sembra andare bene neanche nell’Horeca. «Qualche mese fa abbiamo realizzato un’indagine – ha spiegato il responsabile di Wine Monitor di Nomisma, Denis Pantini – dedicata alla ristorazione tedesca segmento nel quale le cose non vanno più bene come una volta. E questo per due motivi. In Germania è meno presente rispetto al passato la ristorazione italiana, che in mercati come appunto quello tedesco, quello inglese e quello Usa ha svolto storicamente un importante ruolo nell’affermazione dei vini italiani. Il secondo motivo è la crescita dell’attenzione per i vini locali, tedeschi. E così mentre non temiamo il confronto sugli spumanti perché le bollicine made in Deutschland ancora scontano un gap qualitativo rispetto a quelle italiane, sui vini fermi, in particolare bianchi, cominciamo a perdere colpi» .

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E di recente un vero e proprio “attacco” ai vini italiani è stato sferrato da una delle principali riviste del settore vitivinicolo tedesco, WeinWirtschaft, a una delle denominazioni italiane che negli ultimi anni hanno messo a segno le migliori performance, la Doc veneto-lombarda Lugana. Un vino bianco del Garda che viene prodotto in circa 17 milioni di bottiglie, per il 70% commercializzato all’estero, con primo mercato proprio la Germania.
«Nell’articolo della rivista – spiega il presidente del Consorzio della Doc Lugana e ad del Gruppo Santa Margherita, Ettore Nicoletto – che ha inoltre innescato un dibattito su alcuni blog e social, si parlava di un crollo della domanda del Lugana e di una caduta dei prezzi dovuta all’incremento della produzione della vendemmia 2018. Abbiamo chiesto una rettifica e abbiamo potuto spiegare il nostro punto di vista in un’intervista: il crollo della domanda non c’è mai stato; l’incremento della produzione si è verificato ma solo perché la vendemmia 2018 ha seguito quella 2017 che è stata la più scarsa degli ultimi 60 anni. E soprattutto non c’è alcun crollo dei prezzi. Anzi, l’elevato posizionamento del vino bianco Lugana, all’origine tra i 4 e i 5 euro al litro, è una delle bandiere della nostra denominazione ed è la sintesi più evidente del grande lavoro sulla qualità del prodotto e sulla reputation della nostra area realizzato dalle aziende. Il Lugana da sempre è un vino dalle grandi performance, un’attitudine che non è scomparsa neanche nel 2018 quando secondo i dati di Iri, si è rivelata come l’etichetta che ha messo a segno, nonostante il prezzo non entry level, il maggior margine di crescita sugli scaffali della grande distribuzione italiana: +22%».

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