Economia

Dossier Il Prosecco oltre il boom: diversificazione e qualità

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    Dossier | N. 3 articoli Food & wine

    Il Prosecco oltre il boom: diversificazione e qualità

    È cresciuto negli ultimi dieci anni con tassi annui a doppia cifra ma adesso sente salire tra le colline del Trevigiano e le pianure del Nord Est verso il Friuli, sempre più insistente una domanda: quando finirà la corsa? Si tratta del Prosecco, etichetta che dal 2009 – cioè dalla riorganizzazione che ha creato una Docg per la zona storica di Conegliano e Valdobbiadene, una seconda Docg più piccola per l’area di Asolo e una macrodoc che da Vicenza e Padova arriva fino al paesino di Prosecco in provincia di Trieste - si è contraddistinta come il più incredibile fenomeno enologico che si ricordi con una crescita inarrestabile di vigneti impiantati, bottiglie prodotte e commercializzate (l’universo Prosecco vale poco meno di 600 milioni di bottiglie, 464 la Doc, 90 circa la Docg di Conegliano Valdobbiadene e circa 10 la Docg di Asolo Montello), mercati esteri serviti e giro d’affari sviluppato.

    Un’escalation sintetizzata di recente da un altro record. Nell’annuale graduatoria di Mediobanca relativa alle principali cantine italiane per fatturato, gran parte hanno in portafoglio almeno un Prosecco e ben 21 tra quelle ai primi 30 posti. Si va da quelle che col Prosecco sono nate (Villa Sandi, Mionetto, La Marca) a quelle che hanno acquistato un’azienda già attiva nel Nord-Est (come Ferrari Spumanti che ha rilevato Bisol oppure come la griffe dell’Amarone Masi che ha acquistato Canevel) o ancora alle aziende di altre regioni che hanno inserito nella propria gamma di prodotti uno spumante da uve Glera. È il caso, ad esempio, della piemontese Fratelli Martini, delle toscane Ruffino e Castello Banfi e di diverse altre.

    Un altro record che fa però risuonare ancora più forte la domanda: quando finirà? «I mercati non sembrano ancora saturi delle nostre bollicine – spiega il presidente del Consorzio del Prosecco Doc, Stefano Zanette -. Lo stesso Regno Unito, uno dei primi tre nostri sbocchi assieme a Usa e Germania, con la proroga della Brexit ha ripreso ad acquistare in maniera significativa, oltre ogni nostra previsione. Tuttavia i ritmi di crescita degli scorsi anni non sono ripetibili e il Prosecco è ormai un prodotto maturo. Per questo abbiamo deciso di sospendere l’incremento del potenziale produttivo della Doc in attesa di vedere come si comporterà la domanda».

    «Non so se il Prosecco si avvii ormai alla maturità – aggiunge il presidente del Consorzio del Prosecco superiore di Conegliano Valdobbiadene Docg, Innocente Nardi – so però che il nostro obiettivo chiave è quello di spiegare le differenze che contraddistinguono il segmento del Prosecco Superiore. E su questo fronte molto lavoro resta da fare».

    Un altro segnale che qualche riflessione sul futuro è in atto tra i produttori è la diversificazione. Uno dei brand storici delle bollicine trevigiane, Villa Sandi, un’etichetta forte molto prima del boom del Prosecco e che in questi anni ha sempre investito nell’area e sulle bollicine, ha acquistato Borgo Conventi un’azienda con 30 ettari di vigneto nel Collio in Friuli. «Volevamo un’eccellenza - spiega il presidente di Villa Sandi, Giancarlo Moretti Polegato - e un’azienda del Collio lo è per i bianchi friulani. Si è di una scommessa simile a quella fatta da aziende di altre regioni che hanno puntato sul Prosecco per completare la propria gamma. Noi il Prosecco l’abbiamo sempre realizzato in tutte le sue varianti dalla Docg di Conegliano al cru di Cartizze, dalla Doc veneta a quella friulana. Volevamo allargare la nostra offerta a dei vini fermi d’eccellenza come il Pinot Grigio, lo Chardonnay del Collio o la Ribolla Gialla».

    Chi non si è pentito della scommessa sul Prosecco è Sandro Boscaini presidente della griffe dell’Amarone Masi, azienda che nel 2016 ha rilevato la cantina di Valdobbiadene, Canevel. «Siamo radicati nella Valpolicella – spiega Boscaini che è anche presidente di Federvini – ma puntiamo a offrire ai mercati tutte le principali etichette venete. In più abbiamo avuto la fortuna di rilevare un’azienda con un brand noto e un posizionamento alto. Il Prosecco si avvia a una sua maturità e le sfide future non saranno più legate alla conquista dei mercati ma a ottenere un riconoscimento del valore delle bottiglie».

    Concorda Matteo Lunelli, ad di Ferrari Spumanti che nel 2014 è entrato nel capitale della cantina di Valdobbiadene, Bisol per raggiungere la maggioranza nel 2016. «Bisol - spiega - rappresenta l’eccellenza del Prosecco come Ferrari è l’eccellenza del Trento Doc. L’acquisizione è coerente con la nostra mission. Penso che per il Prosecco sia finita la corsa alle quantità e ai volumi ma non quella alla ricerca della qualità e del valore. Dobbiamo posizionare meglio il Prosecco sui mercati spiegando la grande varietà delle bollicine italiane».

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