Ritorno su Retequattro per la seconda edizione del suo programma e ripartenza da un antico amore: l’Egitto. Torna sulle rete Mediaset Roberto Giacobbo, da mercoledì prossimo 22 maggio, con la seconda edizione di «Freedom - Oltre il confine»: otto appuntamenti in onda in prima serata per proporre divulgazione storica, scientifica e archeologica. Mediaset continua la sua scommessa sulla “nuova Rete4” lanciata lo scorso anno, puntando sulla divulgazione per catturare ascolti e introiti pubblicitari.
E l’Egitto sarà parte molto importante della nuova stagione del programma di Roberto Giacobbo. E in fondo è un po’ un cerchio che si chiude visto che la svolta per la carriera del giornalista arriva proprio anni fa, quando si trova a parlare del suo libro “Chi ha veramente costruito le piramidi e La Sfinge”, scritto con Riccardo Luna. «Il libro ebbe successo e fui chiamato al Maurizio Costanzo Show».
Quei 5 minuti divennero più di 20. E da lì inizia una carriera sempre all’insegna della divulgazione: l’allora Telemontecarlo, poi i 15 anni in Rai da dirigente, da cui esce come vicedirettore di Rai 2 («confermato» ci tiene a precisare), per approdare lo scorso anno alla sua sfida in Mediaset. E così si arriva alla seconda stagione di Freedom, presentata alla stampa ai piedi della Sfinge nella piana di Giza insieme al suo amico Zahi Hawass, che senza dubbio è uno dei più famosi, se non il più famoso, egittologo al mondo. «Con il suo cappello – racconta Giacobbo – pare abbia ispirato il personaggio di Indiana Jones. «Ricevo due o tre mail alla settimana – dice Zawass – di persone che mi imputano di nascondere i segreti della Sfinge». Il tema sono «gli alieni. Una scemenza, ma molti si ostinano a credere».
La seconda stagione di Freedom non sarà solo Egitto. Per questa nuova serie che sarà trasmessa sulla rete diretta da Sebastiano Lombardi, Giacobbo e il suo team sono andati in Egitto, Gran Bretagna, Stati Uniti, Romania, Cina senza tralasciare l’Italia, con reportage da Lombardia, Campania, Puglia, Toscana, Veneto, Piemonte, Liguria, Marche, Abruzzo, Puglia, Emilia Romagna, Sicilia, Sardegna.
Ma l’Egitto per il conduttore-autore rappresenta qualcosa in più. E lo si percepisce dai racconti, dagli aneddoti che lo portano in una delle culle millenarie della civiltà. Come quando è sceso giù fino in fondo per 273 metri nel buio del tunnel nascosto dietro al sarcofago di Seti I, nella valle dei Re a Luxor. Salvo per miracolo (e solo seguendo un consiglio di Hawass che era con lui) con il tunnel franato alle sue spalle ora, quindici anni dopo, per mantenere fede ad una promessa è rientrato in quel tunnel. Poi ci saranno immagini sopra alle Piramidi nella piana di Giza al Cairo con il drone. «L'Egitto, tra meraviglie e misteri, è uno dei luoghi che il pubblico ama e ci chiede di più - spiega Giacobbo, nella sua sahariana d’ordinanza e per nulla turbato dal clima impossibile mentre passeggia ai piedi della Sfinge - per questo ce ne sarà un pezzetto nei quattro o cinque servizi proposti in ognuna delle 8 puntate della prossima serie, e in almeno quattro di quelle che andranno in onda nella terza serie».
L’amore di Giacobbo per l’Egitto – oltre che la collaborazione con un personaggio come Zahi Hawass – ha un peso per l’Egitto stesso, oltre che per il programma. Non a caso per la presentazione della stagione di Freedom è stata organizzata una serata di gala alla presenza del ministro Rania Al Mashat rilanciata poi da tutti i tg nazionali. «Apriamo le porte agli italiani e speriamo di incrementare i flussi dei viaggiatori che vengono in Egitto» dice il ministro.
Del resto, quello che è accaduto in Egitto al turismo – che vale il 20% del Pil – è abbastanza evidente, anche dai numeri. Nel 2018 sono arrivati in Egitto 11.346.389 turisti con 121,5 milioni di presenze, stando ai dati dell’Ente del Turismo Egiziano. Numeri ben diversi da quelli di qualche anno fa. Ma l’Egitto prova a riprendersi dalla crisi turistica innescata dalla rivoluzione del 2011 e da una serie di eventi (l’ultimo a fine dicembre con una bomba nella zona delle piramidi di Giza) che hanno minato la fiducia dei turisti, anche con progetti faraonici come il nuovo museo, il Gem (Grand Egyptian Museum) che dovrebbe essere pronto entro fine 2020 e che è destinato a ospitare la summa delle meraviglie egiziane.
Il tutto in un Paese che sta cambiando ed è cambiato, con un misto di storia e contraddizioni contemporanee visibili in una Il Cairo di oltre 20 milioni di abitanti in un Paese di 100 milioni. Non a caso entro metà dell’anno prossimo dovrebbe essere pronta una nuova “capitale”, con uffici governativi e delle istituzioni, per alleggerire una città che rischia di non reggere il peso di una così grande quantità di popolazione, traffico, auto. «Questo è un Paese - racconta ancora Giacobbo - che ho visto cambiare. Quando sono arrivato la prima volta 23 anni fa non c'erano i cartelloni pubblicitari e la pubblicità era dipinta sui palazzi. Ma la gente nella vita di tutti i giorni non è cambiata».
Nei flussi turistici i Paesi europei hanno occupato il primo posto per numero di turisti con quasi 7 milioni, seguiti dai Paesi arabi con 3,4 milioni, quelli asiatici (669mila), Americhe (456mila turisti), Paesi africani (165mila). Fra i Paesi europei la Germania occupa il primo posto (1,7 milioni) e l’Italia è quarta con 421mila. Per quest’anno si attende di superare la soglia dei 500mila, comunque ben meno degli oltre 1,1 milioni del 2010. «Voglio lanciare un messaggio. L’Egitto – dice Zahi Hawass, salutandosi ai piedi della Sfinge nella piana di Giza – è “safe”», è sicuro.
Un messaggio che riecheggia anche durante la serata di gala per bocca del ministro del Turismo che facendo presente come il turismo stia crescendo e che «per ogni persona che lavora direttamente nel turismo ve ne sono altre tre che lavorano indirettamente in altri settori» non si sottrae alla fine a una domanda sul caso Regeni: «Quello che è successo addolora gli egiziani come gli italiani. Non vogliamo dimenticarci di quanto accaduto. Al momento ci sono rapporti economici e investimenti che stanno andando avanti. Vogliamo lavorare perché i rapporti fra i nostri Paesi siano sempre migliori. Non l’abbiamo messo alle spalle. L’abbiamo messo di lato».
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