Economia

Dossier «Il prodotto migliore non basta. Essenziali brand e marketing»

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    Dossier | N. 7 articoli Le sfide della sostenibilità

    «Il prodotto migliore non basta. Essenziali brand e marketing»

    «L’idea me l’ha data la sete al termine di una corsa d’allenamento. Mi fermai in un locale e nel frigo c’erano solo bibite gassate e rigorosamente dolci. Nulla di realmente dissetante. La soluzione è venuta poco dopo, al rientro dall’India. Abbinare il thè a qualcosa di fresco e piacevole, come la frutta». Così Seth Goldman racconta come ha fatto diventare Honest – la bevanda dietetica e naturale che tra poche settimane debutterà sul mercato italiano – da esperimento casalingo, nel 1998, ad un’azienda che, 10 anni dopo, fatturava 13 milioni di dollari. Acquisita dalla galassia Coca Cola, oggi il giro d’affari ha raggiunto i 500 milioni di dollari.

    Seth Goldman, Lei non era un’imprenditore di professione...

    No. Avevo una carriera ben avviata nel mondo finanziario a New York. Non ero un imprenditore, anche se sentivo la necessità di creare qualcosa di mio. Ma quando ho capito che la bevanda che avevo creato poteva avere uno sviluppo, io e il mio professore – poi divenuto mio socio, Barry Nalebuff – abbiamo iniziato a ragionare in termini di impresa.

    In che modo? Honest si colloca nel segmento dei prodotti sostenibili, per qualità delle materie prime e dei processi produttivi. Come si costruisce un prodotto sostenibile?

    Bisogna investire molto: nella selezione della materie prime e dei fornitori, in un processo produttivo di trasformazione che valorizzi le proprietà del prodotto e il sapore senza alterarlo per una produzione di massa su larga scala. Ma soprattutto, un prodotto “organico” e sostenibile va promosso, va raccontato e fatto assaggiare. Noi abbiamo puntato sui local store, sui mercati di prodotti freschi, sui supermercati come Whole Foods che valorizzano il bio e i prodotti healthy. Trovare il nome giusto e investire su un progetto capillare di marketing è fondamentale. Pensare al brand e a come promuovere è importante tanto quanto avere un buon prodotto. Può essere il migliore e il più eccellente, ma se non lo si lancia non si trasformerà mai in business.

    Esistono prodotti 100% sostenibili?

    No. Credo che un prodotto 100% sostenibile sia, ad oggi, ancora un’utopia. Anche se poi la tecnologia sta molto aiutando la produzione “circolare”, il recupero energetico, l’efficienza, la sicurezza e la lotta all’inquinamento. Però la sostenibilità è un obiettivo cui bisogna continuare a tendere. È un work in progress e, in sè, sta diventando anche un “marchio”. La gente vuole acquistare prodotti sostenibili.

    La sostenibilità è una reale consapevolezza etica o è una moda? E siamo certi che i consumatori siano disposti a spendere di più per acquistare “etico”?

    Certo è anche una moda. Ma se poi si riesce a trasformare la moda in un messaggio capace di attecchire su una percentuale, anche minoritaria, della popolazione, si crea un’opportunità. Il passo ulteriore è fare prodotti che coniughino il rispetto dell’ambiente e delle persone a prezzi sempre più accessibili.

    Lei, 10 anni fa, ha venduto il suo prodotto “sostenibile” a una multinazionale come Coca Cola. Non è stato un po’ un controsenso?

    Coca Cola crede molto nelle bevande alternative. Non ha chiesto nè voluto snaturare il prodotto. Io sono rimasto alla guida della società. Ma ho avuto a disposizione la “potenza distributiva” di una piattaforma globale. È un’operazione che avvantaggia soprattutto i consumatori.

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