Negli ultimi anni, per alcune categorie di navi, in particolare le portacontainer e le navi da crociera, gli armatori hanno imboccato la via del gigantismo, ordinando ai cantieri unità sempre più grandi. Una strada intrapresa per favorire le economie di scala ma che non ha mancato di creare una serie di problemi. Delle unità da crociera parleremo, in particolare, nel capitolo dedicato al settore, mentre qui ci soffermeremo soprattutto sulle navi portacontenitori.
LEGGI L’EBOOK «L’ECONOMIA DEL MARE»
In ogni caso, sia per l’una che per l’altra categoria, l’aumento delle dimensioni delle navi risponde all’esigenza, sempre più avvertita dai vettori marittimi globali, di contenere i costi operativi. Ma comporta la necessità, per i porti, di effettuare costosi investimenti in nuove opere la cui realizzazione, specie in Italia, richiede tempi lunghi. Parliamo, ad esempio, di dragaggi, di banchine capaci di reggere gli ormeggi di navi enormi, di nuove gru di banchina in grado di raggiungere le file di container più lontane, di piazzali per scaricare le grandi quantità di merci che arrivano in un solo viaggio ma anche di stazioni marittime in grado di accogliere migliaia di passeggeri.
LEGGI ANCHE / Venezia, per le crociere un business da 400 milioni
Per quanto riguarda le portacontainer, a favorire la corsa al gigantismo, con la costruzione di navi capaci di trasportare da 21mila a 23mila teu (contenitori da 20 piedi) in un solo viaggio, è stata anche la concentrazione della maggior parte del traffico nelle “stive” di pochi grandi gruppi armatoriali che stanno monopolizzando il mercato. Se una ventina di anni fa le prime 20 compagnie portacontainer controllavano l’80% del mercato, oggi a controllare quella stessa percentuale sono le prime quattro al mondo, cioè la danese Maersk, l’italosvizzera Msc, la francese Cma-Cgm e la cinese Cosco. Pochi player stanno quindi imponendo una politica navale, quella appunto del gigantismo, che condiziona sempre più i traffici e le infrastrutture che li accolgono.
Il maggiore volume di carico trasportato dalle mega-navi, d’altra parte, comporta radicali modifiche nell’organizzazione operativa dei porti per evitare possibili effetti di congestionamento nel trasferimento della merce ai centri più vicini ai mercati. Si rende quindi necessaria anche la realizzazione di opere per migliorare il collegamento dei porti con l’entroterra senza creare colli di bottiglia. Il gigantismo è problematico, infine, sotto il profilo dell’organizzazione del lavoro portuale. Mentre in precedenza nei porti arrivava un flusso costante di merce con navi più piccole, le meganavi impongono ritmi diversi, con picchi di lavoro concentrati in periodi più brevi, alternati a più lunghi periodi di vuoto banchina. Una situazione di difficoltà più volte denunciata dalle associazioni italiane ed europee di terminalisti.
GLI EBOOK DISPONIBILI
© Riproduzione riservata