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Scuola e fondi europei: imparare dagli errori del passato

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L'Analisi |analisi

Scuola e fondi europei: imparare dagli errori del passato

Dal 2014 a oggi sono più di 47mila i progetti delle scuole italiane finanziati dai fondi europei e nazionali del Programma operativo Istruzione, noto come Pon Scuola. In media, più di 5 progetti per ognuno di degli oltre 8.700 istituti scolastici sparsi su tutto il territorio italiano. Il numero è destinato ad aumentare nei prossimi due anni, cioè entro la fine del periodo di programmazione 2014-2020, quando i fondi dovranno essere tutti "decisi", cioè destinati alla realizzazione di progetti specifici che potranno essere completati nei tre anni successivi. A spanne, altri 15-16mila progetti, considerato che il programma deve ancora allocare più di un terzo dei 2,85 miliardi disponibili.

A prima vista, dunque, un buon risultato che porta nelle casse di ciascun istituto le risorse per realizzare in media un progetto all'anno con le risorse europee. Ma ad una lettura appena più attenta, forse è proprio questa polverizzazione il punto debole del Pon Scuola, tanto da spingere i presidi a non partecipare ai bandi per non mandare in tilt le segreterie che - a corto di personale e di competenze - devono gestire la «burocrazia vessatoria» collegata a bandi e progetti. La dispersione delle risorse in decine di migliaia di piccoli interventi, se da un lato ha il merito di creare possibilità anche per gli studenti delle aree più periferiche e remote del Paese, dall'altro si porta dietro tutti gli oneri amministrativi a cui un progetto finanziato con risorse pubbliche non può sfuggire. Perché, allora, non concentrare i fondi su pochi obiettivi traversali, comuni a tutti gli istituti, dalla messa in sicurezza antisismica al risparmio energetico o dalla digitalizzazione, in modo da poter replicare “n” volte lo stesso progetto, adattandolo, ma centralizzando l'onere amministrativo in modo da sollevare i presidi e le segreterie senza privare le scuole delle risorse?

Qualche regione (la Calabria, per esempio) lo ha fatto concentrando una parte della risorse del Programma regionale sulla sicurezza antisismica e chiedendo al ministero di destinare a questo scopo anche parte delle risorse nazionali. È una questione di corretta programmazione e l'iniziativa deve partire dall'alto. Per il 2014-2020 si possono solo limitare i danni, ma nel confronto sui prossimi sette anni, già in corso tra Governo italiano e Commissione europea, si può discuterne e fare tesoro degli errori del passato.

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