A fare meglio in Europa sono 830 province. Non certo una posizione di avanguardia quella di Pavia per Pil pro-capite. Quadro
che diventa ancora più fosco guardando al trend, che vede dal 2003 per questo indicatore un arretramento di 384 posizioni:
solo altre quattro zone delle 1122 monitorate nel continente hanno fatto peggio.
Lo studio commissionato all’ateneo di Pavia dalla locale Confindustria non lascia spazio a troppi equivoci e l’analisi svolta
in assemblea dal presidente degli imprenditori Nicola de Cardenas è consequenziale. La perdita di competitività è preoccupante
– spiega –, forse accolta con troppa rassegnazione. «Tutto il mondo ha riscoperto l’industria: manca solo Pavia».
Da qui l’auspicio di fondo di un rapido cambio di passo, in modo da lanciare un profondo e pervasivo piano di rigenerazione.
Svolta necessaria per rilanciare l’occupazione, contrastare il declino che vede Pavia all'ultimo posto in Lombardia (e penultima
del Nord Italia) per qualità della vita nelle rilevazioni del Sole 24 Ore, riproporre la manifattura come motore dello sviluppo.
Dati “impietosi” – osserva de Cardenas – e che tuttavia testimoniano come il territorio non abbia saputo reagire alla profonda
riduzione dell’occupazione industriale, perdendo capacità di creare occupazione e aumentando la propria dipendenza da Milano,
che invece ha saputo diventare polo di sviluppo di rango internazionale.
Come reagire? Facendo leva sui punti forza identificati (ricchezza ambientale e culturale, dotazione di capitale umano, specializzazione in campo socio-sanitario, tradizione industriale), il piano proposto prevede
cinque linee di sviluppo, partendo dalla rigenerazione delle aree dismesse, guardando in primis all'ex colosso locale che
in passato grazie alla leadership nelle macchine da cucire era in grado di dare lavoro a 6mila persone.
«Facciamo del recupero dell’area Necchi il simbolo della rigenerazione – aggiunge de Cardenas -, perché laddove si è fatto
il miracolo economico italiano non possono esserci solo centri commerciali e logistici».
L’altro tema chiave è legato al know-how, rendendo l’università di Pavia fattore attrattivo per Industria 4.0, con la proposta
che Pavia diventi un modello di reindustrializzazione proprio attraverso l'Università.
Il che si lega al terzo punto considerato prioritario, cioè la possibilità e capacità di attrarre giovani a costi contenuti
rilanciando la nascita di start-up e creando un'offerta formativa che risponda alle competenze richieste dalle imprese.
Sviluppo delle infrastrutture e rilancio della nuova industria con un piano concreto sulle singole filiere produttive sono
gli altri due tasselli del progetto, per realizzare il quale de Cardenas auspica un impegno corale da parte di tutti gli attori
del territorio, chiedendo anche che Pavia venga inserita nella carta europea degli aiuti a finalità regionale.
«Con queste cinque mosse – spiega – Pavia tornerebbe ad essere protagonista dello sviluppo economico». Strada tuttavia impervia
se condotta in solitudine, e da qui emerge la necessità di una riconsiderazione del rapporto con Milano, che invece negli
anni ha seguito una traiettoria del tutto diversa.
«Sono convinto – aggiunge de Cardenas – che potremmo trasformare la vicinanza in uno straordinario fattore di competitività,
per configurare un'offerta unica in Italia per qualità e prospettive».
L'obiettivo è dunque quello di fare di Pavia un contesto ideale per Industria 4.0 ed economia circolare, terra di innovazione
e qualità ambientale. A pochi chilometri dalla città metropolitana milanese, un polmone verde popolato di imprese innovativi
ed ecosostenibili.
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