I segnali c’erano già da diversi giorni ma ora ArcelorMittal esce allo scoperto e lancia un messaggio chiaro al Governo in vista dell’approvazione del decreto legge Crescita: «Se il decreto dovesse essere approvato nella sua formulazione attuale, la disposizione relativa allo stabilimento di Taranto pregiudicherebbe, per chiunque, ArcelorMittal compresa, la capacità di gestire l’impianto nel mentre si attua il Piano ambientale richiesto dal Governo italiano e datato settembre 2017». Il decreto infatti contiene l’abolizione dell’immunità penale che una legge del 2015 ha attribuito ai commissari Ilva, loro delegati e futuri acquirenti, appunto ArcelorMittal, in relazione all’attuazione del piano ambientale. In base al dl Crescita, come annunciato ad aprile dal ministro Luigi Di Maio a Taranto, l'immunità termina il prossimo 6 settembre. Mentre in base alle disposizioni attuali l’immunità dura sino al completamento del piano ambientale, cioè agosto 2023.
Il nodo è politico e giuridico
Il nodo è politico e giuridico. Politico perché l’M5s - che a Taranto ha pagato lo scotto di aver consentito, con Di Maio
ministro, il passaggio dell'Ilva ad ArcelorMittal dopo aver fatto una campagna elettorale all'insegna della chiusura della
fabbrica - ha fatto dell'abolizione dell'immunità una “bandiera” per riconquistare terreno e fiducia. La Lega, però, la scorsa
settimana ha messo in guardia l'M5s sugli effetti della norma. Di qui il temporaneo stallo della discussione sul decreto in
Parlamento. Ma è anche un nodo giuridico perché ad ottobre la Corte Costituzionale è chiamata a vagliare la costituzionalità
della norma del 2015 su istanza del gip di Taranto, Benedetto Roberto. Per ArcelorMittal, «lo stabilimento di Taranto è sotto
sequestro dal 2012 e non può essere gestito senza che ci siano le necessarie tutele legali fino alla completa attuazione del
piano ambientale. Il piano ambientale del 2017 - afferma ArcelorMittal - è stato progettato per affrontare problemi di lunga
data dello stabilimento di Taranto e per trasformarlo in un impianto siderurgico europeo all'avanguardia, utilizzando le migliori
tecnologie disponibili, con un investimento ambientale complessivo di oltre 1,15 miliardi di euro. Tutti gli interventi previsti
stanno procedendo nel pieno rispetto delle tempistiche». Per la società, «il decreto Crescita, nella sua formulazione attuale,
cancella le tutele legali esistenti quando ArcelorMittal ha accettato di investire nello stabilimento di Taranto. Tutele che
è necessario restino in vigore fino a quando non sarà completato il Piano ambientale per evitare di incorrere in responsabilità
relative a problematiche che gli attuali gestori non hanno causato». «Il decreto Crescita deve essere approvato entro il prossimo
29 giugno» e ArcelorMittal Italia «resta fiduciosa che venga ripristinata la certezza del diritto nell’interesse dell’intero contesto economico italiano e degli stakeholders, permettendo ad ArcelorMittal Italia di continuare a gestire lo stabilimento e completare il piano di riqualificazione ambientale».
Lo scorso 29 maggio l'ad di ArcelorMittal Italia, Matthieu Jehl, aveva dichiarato a Taranto: «Come ArcelorMittal abbiamo firmato
un contratto nell'ambito di un quadro normativo chiaro. Dobbiamo andare avanti con la certezza che questo quadro di legge
ci sia. Ma siamo sempre aperti al dialogo, a collaborare in maniera trasparente». E ancora: «Noi siamo venuti qui per risolvere
i problemi, non ci si possono imputare i problemi del passato». Dichiarazioni, queste, rese da Jehl all'indomani dell'annuncio
del ministro dell’Ambiente, Sergio Costa, di riesaminare l'Autorizzazione integrata ambientale con prescrizioni più stringenti
a fronte della richiesta del sindaco di Taranto, Rinaldo Melucci, di tutelare meglio la salute dei cittadini. Allora si era
in una fase in cui l'azienda credeva forse ancora possibile una negoziazione col Governo. Adesso, invece, l'avvicinarsi dell'approvazione
del decreto Crescita ha spinto l'azienda a prendere una posizione netta. Che arriva a 24 ore dal nuovo confronto (domani)
ArcelorMittal-sindacati sulla cassa integrazione per 1400 lavoratori per 13 settimane dall'1 luglio, causa la crisi di mercato,
a due giorni dall'assemblea di Federmeccanica in ArcelorMittal, presente il vertice di Confindustria, e a ridosso del ritorno
di Di Maio e di altri ministri a Taranto il 24 giugno in Prefettura.E arriva la reazione del Mise alla presa di posizione
di ArcelorMittal. «Sorprende la comunicazione diffusa da ArcelorMittal - dichiara il dicastero guidato da Di Maio - visto
che la medesima era stata informata già a febbraio 2019 degli sviluppi circa la possibile revoca dell’immunità penale introdotta
nel decreto Crescita alla luce della questione di legittimità costituzionale sollevata dal gip di Taranto l'8 febbraio scorso
sui diversi provvedimenti (tra cui proprio l'immunità penale) emessi dai Governi precedenti per salvare lo stabilimento siderurgico”.
Il Mise, si afferma ancora, «aveva preventivamente informato ArcelorMittal della questione, rappresentando allo stesso gestore
che si sarebbe individuata una soluzione equilibrata volta alla salvaguardia dello stabilimento e dell’indotto occupazionale,
nonché al rispetto, ovviamente, delle decisioni adottate dai giudici. Il Mise e tutto il Governo - si conclude - sono al lavoro
affinchè l’azienda continui ad operare nel rispetto dei parametri ambientali».
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