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Internet delle cose, a Parma un progetto per l’innovation hub

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industria 4.0

Internet delle cose, a Parma un progetto per l’innovation hub

Dalla meccatronica all’Internet delle cose – e quindi all’era dell’industria 4.0, – il passo è breve. Soprattutto se ci si trova in una terra manifatturiera come la via Emilia, che prima ha fatto da modello dei distretti porteriani e poi da catalizzatore delle medie imprese solide e internazionalizzate. E ora è pronta a scrivere il capitolo della quarta era della fabbrica digitale, forte di una specializzazione nella meccanica che vale il 51,5% del valore aggiunto industriale e di un’apertura ai mercati esteri che non ha pari nel Paese (oltre 12mila euro di export pro capite).

A sostenerlo sono accademici e imprenditori riuniti ieri all’Università di Parma, in occasione dell’Ict Day 2016. Terza edizione di un’iniziativa nata dalla collaborazione tra il gruppo Ict dell’ Unione parmense degli industriali e il dipartimento di Ingegneria informatica dell’ateneo ducale «per portare la ricerca tecnologica nelle imprese e le imprese nelle aule universitarie», sottolinea il prorettore vicario Giovanni Franceschini. Capofila di un progetto che mira a fare di Parma l’innovation hub dell’Internet of things. «Abbiamo presentato due settimane fa, assieme agli industriali, la call al bando europeo per gli innovation hub. Se tutto va come previsto a breve dentro il campus tecnologico universitario avremo la piattaforma per sostenere l’Industria 4.0».

I presupposti ci sono. «Qui, nella valle dei motori e della meccanica, c’è l’humus giusto per afferrare la quarta rivoluzione e fare da locomotiva del Paese. Così da recuperare il ritardo rispetto alla Germania, che l’Industrie 4.0 l’ha inventata quattro anni fa e sta scommettendo 40 milioni di euro l’anno di fondi pubblici, da qui al 2020,sulla digitalizzazione del tessuto imprenditoriale tedesco», sottolinea il professore di Economia industriale della cattedra Jean Monnet di Parma, Franco Mosconi. I numeri raccontano poco. Ma il ritardo innovativo dell’Italia si legge confrontando gli investimenti in R&S rispetto ai competitor europei, dove la Germania sta già sfiorando l’obiettivo al 2020 del 3% del Pil in ricerca e noi non siamo neppure alla metà.

«Si può replicare che le statistiche non fotografano la componente di ricerca tacita che le nostre Pmi manifatturiere portano avanti nel lavoro quotidiano, così come i numeri non riescono ad afferrare gli investimenti in digitalizzazione. Ma non dimentichiamo che c’è un motivo se Germania e Stati Uniti sono al 3% di R&S e noi no. Servono le spalle larghe per investire in tecnologie e internazionalizzazione – aggiunge Mosconi – e il presupposto della fabbrica 4.0 è la collaborazione tra imprese per far dialogare con uno stesso linguaggio macchine di competitor diversi. Due fattori, dimensione e spirito di squadra, in cui l’Italia non brilla. Ma il salto è a portata di mano se investiamo sui nostri giovani, nativi digitali».

È questa la scommessa che sta portando avanti anche l’ingegner Gian Paolo Dallara, presidente della casa automobilistica parmense, incoronato ieri dal rettore Loris Borghi primo “professore ad honorem in Ingegneria industriale e dell’informazione” dell’Università di Parma. «La fame di competenze ingegneristiche è altissima, solo qui a Parma le imprese chiedono 150 ingegneri tra elettronici, informatici e delle Tlc ogni anno; noi riusciamo a fornire una metà e l’80% di loro è assunto a tempo indeterminato», conclude Franceschini. Confermando di fatto che il passaggio al 4.0 in Emilia è già in atto.

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