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Top manager grazie all’anzianità, così il Giappone sta…

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appunti da tokyo

Top manager grazie all’anzianità, così il Giappone sta cambiando

Tatsuo Yasunaga  (Reuterts)
Tatsuo Yasunaga (Reuterts)

Uno dei motivi del relativo declino della Corporate Japan, secondo molte analisi specializzate, sta certamente nella lentezza dell’evoluzione della struttura di management e del sistema di compensi ai dipendenti. Se pure le corporation giapponesi non sono più l’organizzazione paramilitare che negli anni Ottanta fece temere un “takeover” nipponico dell’economia mondiale, in base ad alcuni parametri resta evidente il peso di tradizioni consolidate sempre meno corrispondenti ai tempi. Un esempio evidente è quello dell’età media dei top executives: la stragrande maggioranza ha più di 60 anni, mentre negli Usa e in Europa prevalgono i 50-40enni.

Di fronte ai rapidi cambiamenti di mercato, è probabile che una grande esperienza di management per il passato non sia più un vantaggio per il futuro delle aziende. Qualcosa sta cambiando: dall’anno scorso si sono moltiplicate le “nomine a sorpresa” come Ceo. Per sorpresa si intende generali di brigata o di divisione che diventano capi di stato maggiore.

Ha fatto scalpore, ad esempio, l’ascesa di Tatsuo Yasunaga a capo del colosso del trading Mitsui, che ha dovuto persino cambiare lo statuto societario allo scopo. Ciò perché Yasunaga ha scavalcato 32 top executives più alti in grado o anzianità (di età e di servizio) in un’azienda considerata “conservatrice”. Peccato che sia poi toccato proprio a lui firmare il primo bilancio in perdita nella storia del gruppo: non per colpa sua, ma a causa del crollo dei prezzi delle materie prime che ha reso antieconomici vari progetti di sviluppo minerario, decisi dai suoi predecessori, e ha quindi imposto ampie svalutazioni.

Aveva fatto impressione anche la nomina al vertice, al gruppo di componentistica per auto Denso, di Koji Arima, ex leader delle attività in Italia: a 57 anni, non proprio giovanissimo, ma comunque “scavalcatore” di 14 executive più anziani di lui e formalmente più titolati. Alla società alimentare Ajinomoto, Takaaki Nishii (55 anni) è diventato Ceo l’anno scorso sorpassando in corsa sette colleghi più senior. Va da sé che le novità presentano rischi: quello principale è che i senior manager scavalcati si mettano a remare contro, ponendosi come un filtro poco efficiente tra il nuovo leader e i sottoposti. Di qualche caso si sussurra, ma è ovviamente difficile trovare conferme.

Quest’anno, poi, ci sono state meno “sorprese” individuali, forse perché la situazione di business per l’intera Corporate Japan si è fatta più difficile. Ma si sono moltiplicate le aziende che hanno annunciato una riforma dei sistemi di retribuzione e degli avanzamenti nella carriera. In effetti, molti esperti evidenziano che, oltre all’importanza dell’elasticità nelle nomine al massimo vertice della gerarchia, è essenziale che certi tenenti possano diventare colonnelli senza aspettare i dieci o quindici anni di prammatica. Che, insomma, l’iniziativa e il merito individuali vengano premiati. Ma questo non è un problema solo giapponese e nemmeno particolarmente giapponese.

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