Il futuro del lavoro - tra «digital disruption» e corsa per le competenze
Una visione “piedi per terra” e non distopica del lavoro nei prossimi 15 anni, così come lo immaginano oggi i responsabili della funzione Hr delle aziende medio-grandi : diverso per contenuto e qualità, preoccupante per l'impatto strutturale e diffuso sull’occupazione, ma tutto sommato governabile. È quanto emerge dai primi dati di una ricerca condotta da Sda Bocconi e Aica (Associazione italiana per l’informatica ed il calcolo distribuito) in collaborazione con Aidp (Associazione per la direzione del personale) e Aldai-Federmanager.
L’83% degli Hr manager rispondenti ritiene che l'automazione e i robot sostituiranno la gran parte del lavoro umano nelle fabbriche per quanto riguarda le attività operative fisiche. Per l’88% scomparirà anche la parte ripetitiva delle mansioni impiegatizie, affidate massicciamente ai computer. Più cauta la previsione sugli effetti sulla parte più intellettuale del lavoro: per il 54% le applicazioni di intelligenza artificiale saranno in grado di svolgere anche compiti “alti”, per i quali l’intervento umano è stato insostituibile fino a oggi, ma si tratterà di un affiancamento delle tecnologie e non di una sostituizione totale dell’uomo, che manterrà il controllo diretto sulle macchine e sulle applicazioni (87%).
A medio termine, l’innovazione porterà a una distruzione di posti di lavoro ma, come è avvenuto finora nelle fasi di trasformazione tecnologica precedenti, per gli espulsi si creeranno altre opportunità di lavoro: lo pensa il 54%. Ma emerge contemporaneamente la percezione di una forte discontinuità rispetto al passato, con la prospettiva di fenomeni di disoccupazione strutturale diffusa, della quale dovranno concretamente preoccuparsi le aziende (71%). Aumenterà il peso attribuito alle competenze tecnologiche nel bilancio complessivo delle skill dei collaboratori (84%) e nella selezione e valutazione (76%). Infine, anche la direzione del personale modificherà il suo ruolo: nel nuovo scenario, gli Hr manager si vedono (o si augurano di essere) sempre più coinvolti in attività di gestione del cambiamento, nello sviluppo dell’apprendimento continuo e della selezione dei collaboratori.
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