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Sharitaly, il punto sulla vivace (ma fragile) sharing economy…

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Sharitaly, il punto sulla vivace (ma fragile) sharing economy italiana

È vivace ma ancora fragile la sharing economy italiana. A raccontarla così sono gli incontri e i workshop di Sharitaly, la due giorni di meeting che, giunta alla quarta edizione, ha riunito e portato alla ribalta dello Spazio Base di Milano i protagonisti e i fruitori dell’economia collaborativa nazionale. Il tutto organizzato da Collaboriamo.org e TRAILab, laboratorio di ricerca dell’Università Cattolica di Milano, con il patrocinio di Fondazione Cariplo e del Comune di Milano. Le piattaforme censite dalla ricerca sulla sharing economy presentata nella prima giornata della conferenza(comprese quelle internazionali con sede in Italia) sono 138, suddivise in 12 settori, con un aumento registrato del 10% sul 2015.

Ma accanto alla crescita va considerato per la prima volta anche un fenomeno di mortalità: delle 187 piattaforme censite nel 2015, 13 risultano inattive, ed è l’11 per cento. I servizi alla persona e quelli alle imprese, categoria in cui si collocano anche le attività che comprendono il lavoro e i cosiddetti “lavoretti”, sono tra i settori che crescono di più (passano da 12 a 22 le piattaforme di servizi alle persone e da sei a 12 i servizi alle imprese) dopo i trasporti e la cultura.

L’economia collaborativa nostrana è stata radiografata da Sharitaly anche dal punto di vista dell’occupazione interna: l’82% dei fondatori delle piattaforme sono uomini e non giovanissimi, visto che l’età media è 39 anni, i laureati sono il 76% e il 39 %proviene da altre iniziative imprenditoriali. In media, se si escludono le tre maggiori realtà di sharing che occupano oltre 15 persone, in una piattaforma tipica si lavora in sei: di questi 2,4 sono dipendenti. Il 46% delle piattaforme sharing e il 35% delle piattaforme crowd (ma erano il 54% nel 2015) sono state finanziate esclusivamente con risorse personali e solo cinque startup hanno ricevuto più di un milione di finanziamento.

L’accesso a capitali di rischio è una delle prime leve competitive suggerite dai fondatori : lo pensa il 33% mentre il 64% indica la necessità di diffondere la cultura della condivisione e il 37% vorrebbe regole dedicate alla sharing economy. Ma le piattaforme collaborative italiane sono anche povere di relazioni con altri soggetti, dalla ricerca e l’università agli enti pubblici o alle associazioni di categoria o non profit. Persino con le altre piattaforme i rapporti sono scarsi, ma non con gli utenti, che su una scala da uno a 10, secondo i fondatori interpellati, si meritano un otto.

Leggi l’articolo integrale sul canale lavoro Job24: Sharing economy - Dinamica ma ancora fragile: a Sharitaly la radiografia delle piattaforme collaborative italiane, di chi le fa vivere ( e ci vive).

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