Management

La forza lavoro tra «skills revolution» e responsabilità del…

  • Abbonati
  • Accedi
Accenture Strategy

La forza lavoro tra «skills revolution» e responsabilità del management

Come cambierà la workforce nei prossimi anni? E se le nuove tecnologie diventano più intelligenti e quindi più umane, le persone sono pronte a diventare più tecnologiche? Domande che sono rimbalzate sul tavolo più volte in occasione dell'ultimo World Economic Forum di Davos, evento durante il quale Accenture Strategy ha presentato uno studio, «Harnessing: Revolution: Creating the Future Workforce», dedicato proprio all’approfondimento di queste tematiche.

È forte e chiaro il messaggio di sintesi emerso dall’indagine che ha interessato una decina di Paesi (fra cui l’Italia, di cui parliamo più avanti in questo articolo) e un campione di oltre 10.500 lavoratori selezionati fra vari livelli di competenza ed età anagrafica. Le parole chiave della forza lavoro di domani saranno “reskilling” e adattabilità, e a guidare la rivoluzione delle competenze dovranno essere in prima persona i manager aziendali, Ceo in testa, che saranno chiamati a dare ancora più centralità ai propri team di lavoro, accompagnandoli verso le nuove frontiere professionali dell'era digitale. Un’era in cui la componente di automazione, legata a filo doppio alla robotica e agli strumenti di intelligenza artificiale, impone a tutti gli attori – imprese, addetti, professionisti – un salto evolutivo non indifferente.Un salto in avanti, in termini di skill, che si concretizza in avanzate capacità di leadership, relazione, creatività, analisi critica e intelligenza emotiva. Tutti requisiti che in qualche modo possono contrastare la prevista riduzione di posti di lavoro legata alla robotizzazione di funzioni e figure e che le aziende, per essere vincenti, dovranno valorizzare.

Secondo la ricerca di Accenture, a questo proposito, l'87% delle persone intervistate si sono dichiarate ottimiste circa l’impatto del digitale sulla propria vita lavorativa, confermandosi consapevoli del fatto che parte della propria attività possa essere automatizzato entro cinque anni. Una grande fetta del campione, l'80% per la precisione, si è detto inoltre convinto che il processo di digitalizzazione a livello lavorativo porterà in dote più opportunità che difficoltà. Oltre un terzo, infine, ha individuato nell’intelligenza artificiale, nei robot e nei sistemi di analytics gli elementi che aiuteranno ogni addetto ad essere più efficiente (ne è convinto il 74% dei rispondenti), a imparare nuove skill (73%) e a migliorare la qualità del lavoro (66%).

In prospettiva, lo scenario che si prospetta al management è dunque positivo, in virtù di una workforce fortemente motivata e disposta a reinventarsi. Ma dovranno essere le figure guida dell’organizzazione a definire e gestire gli interventi per riqualificare rapidamente processi e modelli lavorativi attraverso le tecnologie digitali. Sia nell’ottica di generare nuova efficienza operativa per l'azienda sia per evitare dolorosi tagli al personale. Il rapporto rivela in tal senso come al raddoppio del ritmo con cui gli addetti sviluppano le nuove competenze, la quota di posti di lavoro a rischio potrebbe diminuire entro il 2025 in percentuali anche significative, e precisamente dal 10 al 4% negli Stati Uniti, dal 9% al 6% nel Regno Unito e dal 10% al 5% in Germania.

L’evoluzione delle competenze in Italia
Se, come evidenzia lo studio, la maggiore velocità nel creare competenze innovative può trasformare l’automazione in una grande opportunità, è altrettanto vero che in questo percorso il management ha un ruolo decisivo. «Nell’era digitale – spiega Marco Morchio, Managing Director Accenture Strategy Lead per Italia, Europa Centrale e Grecia - è necessario investire in una nuova strategia di evoluzione dei dipendenti, in un’azione che abbia al suo centro il reskilling della workforce, con l’obiettivo di riqualificare le diverse professionalità e disegnare nuovi processi e modalità di lavoro». L’intervento dei manager, in altre parole, deve concentrarsi e far leva sul potenziale umano, e quindi sull’asset su cui l’automazione non può intervenire.

«Occorre accrescere le soft skills - dice ancora Morchio – attraverso una rivoluzione di competenze che genererà valore per ogni impresa e contrasterà l'impatto negativo sui livelli occupazionali dovuta all’automazione del lavoro». In questo contesto in via di formazione, l’Italia appare avvantaggiata rispetto ad altri Paesi nel percorso di valorizzazione del fattore umano. Perché? Perché, ricorda il manager di Accenture, «il nostro Paese è da sempre un territorio fertile per la creatività e l’imprenditorialità e la nostra forza lavoro è composta da professionisti formati non solo dal punto di vista scientifico e tecnologico, ma anche su aspetti quali la capacità di essere innovativi e versatili e di gestire in autonomia e rapidità rischi e opportunità».

Lo spaccato italiano della ricerca (che il Sole24ore.com rivela in anteprima) dimostra in effetti come, in linea con gli altri Paesi, i lavoratori si professino in larga maggioranza ottimisti (nell'84% dei casi) rispetto al miglioramento delle loro prospettive lavorative legate al digitale. E come una larga fetta della popolazione (il 92%, rispetto a una media generale dell'89%) si aspetti che l’automazione abbia un impatto positivo sul proprio impiego. Il 98% del campione italiano, inoltre, si dice certo del valore dei nuovi skills per il lavoro del prossimo futuro, ma sembra chiedere al contempo una direzione più certa, visto che il 63% colloca le opportunità di apprendimento offerte dalla propria azienda a un livello qualitativo tra sufficiente e di basso livello, ammettendo di non sapere quali effettivamente siano gli skills su cui dovrebbero investire.

«L’indagine – conclude Morchio - ribadisce che l’Italia, più di altri Paesi, presenta le componenti per favorire un incremento occupazionale collegato alle nuove professioni e all’innovazione tecnologica. Il gap digitale che in questo momento ci separa da nazioni più evolute può essere colmato, ma è necessario che il sistema Paese colga l’urgenza e l’opportunità di mettere in atto meccanismi di open innovation».

© Riproduzione riservata