L’automazione delle attività lavorative, l'impiego strutturato delle tecnologie digitali a supporto delle diverse funzioni aziendali rappresentano una grande opportunità? Il tema è “caldo”, richiama ai possibili effetti causati dalla prevista avanzata della robotica dentro le fabbriche, ai dettami dello smart working e alla generalizzata esigenza di un salto in avanti delle competenze. All’argomento, e quindi all’impatto della digitalizzazione sull’occupazione e della disponibilità di nuove capacità dei lavoratori, ha dedicato un approfondito studio, «Skills Revolution» (presentato in occasione del World Economic Forum 2017), ManpowerGroup.
Condotta su un campione di circa 18mila datori di lavoro in 43 Paesi, la ricerca ha detto essenzialmente che, a livello mondiale, oltre il 90% degli imprenditori e dei manager intervistati prevede per la propria azienda un inevitabile impatto con la «quarta rivoluzione industriale» nei prossimi due anni. Un impatto che influenzerà la caratterizzazione delle competenze dei lavoratori verso una sempre maggiore digitalizzazione, creatività e agilità e verso la cosiddetta “learnability”, e cioè l’attitudine a rimanere costantemente aggiornati e a continuare ad imparare. L’83% del campione intervistato, in particolare, è dell'idea che l’automatizzazione e la digitalizzazione del lavoro faranno crescere il totale dei posti di lavoro e che tali cambiamenti avranno una ricaduta positiva sull’aggiornamento delle skill dei lavoratori, per cui si prevedono specifici programmi formativi nel prossimo futuro.
A beneficiare degli effetti positivi della digitalizzazione saranno in primis le professioni in ambito informatico, che registreranno un aumento di nuovi occupati del 26 per cento. Sensibile anche l’incremento di domanda per gli specialisti nel campo delle risorse umane e del customer facing, i cui profili conosceranno un salto in avanti di domanda del 20% e del 15% rispettivamente.
Indicativa in proposito la riflessione di Stefano Scabbio, Presidente Area Mediterranea ed Europa Orientale di ManpowerGroup, secondo cui «la rivoluzione delle competenze ci mette di fronte ad una scelta obbligata, quella di affrontare un cambiamento culturale». Un cambiamento che vale sia per le aziende, che hanno il compito di accompagnare i propri dipendenti verso un aggiornamento del proprio set di competenze, sia per gli individui stessi. «Oggi più che mai – osserva ancora Sabbio - i leader devono essere responsabili e pronti allo stesso tempo».
Tra i 43 Paesi oggetto dell’indagine c’è anche l'Italia e proprio i capi azienda della Penisola sono risultati i soggetti più ottimisti nei confronti del paradigma «digitalizzazione». Sono infatti i datori di lavoro italiani ad aspettarsi il maggior incremento di nuovi posti di lavoro (tra il 31% ed il 40%) grazie alla quarta rivoluzione industriale. Dietro l’Italia, con una crescita della domanda di professioni compresa tra l'11% e il 20%, troviamo nell’ordine Portogallo, Guatemala, Perù e Panama. Subito dopo seguono Stati Uniti, Sud Africa, Messico e Nuova Zelanda.
Non superano invece una crescita aspettata del 10% Regno Unito, Spagna, Canada e Giappone mentre ancora meno rosee sono le prospettive dichiarate dai titolari d'azienda di Germania, Francia, Finlandia, Svezia e Svizzera, secondo cui l’impatto potrebbe essere nullo o addirittura negativo (fino al 9%). In fondo alla lista, la maglia nera in questa particolare graduatoria spetta all’India, per cui si prevede un calo dei posti di lavoro, post quarta rivoluzione industriale, intorno al 20/30 per cento.
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