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Elio Orsara, la sfida vincente dei prodotti calabresi «made in…

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appunti da tokyo

Elio Orsara, la sfida vincente dei prodotti calabresi «made in Japan»

Elio Orsara
Elio Orsara

«Difficoltà e segreti per conquistare il Giappone». Il titolo della conferenza appare piuttosto interessante. L’evento fa parte di una serie di iniziative della Camera di Commercio Italiana in Giappone, che intende presentare – al pubblico giapponese, internazionale e italiano – l’esperienza di imprenditori che hanno avuto successo nel Sol Levante superando una serie di ostacoli ovvi o meno ovvi nell’avviare e gestire il business in un contesto tradizionalmente considerato impervio.

È l’occasione giusta per presentare il libro «Elio: 20th Anniversary» sull’avventura nipponica di Elio Orsara, 50enne originario di Cetraro che si è affermato nel settore della ristorazione. La sala è piena, forse anche perché la locandina della serata promette che saranno svelati «alcuni dei segreti della produzione artigianale della Fattoria Bio in Hokkaido e della Antica Salumeria: formaggi e salumi prodotti secondo la tecnica tradizionale calabrese, ma con i migliori ingredienti giapponesi» che «avremo il piacere di offrire a tutti i partecipanti a fine presentazione per concludere con una degustazione di prodotti calabri unici».

L’indiscutibile attrattività di un simile «happy end» finisce anche per segnalare come il protagonista della serata sia un imprenditore che non ha scelto le vie piu' facili, ma ha deciso di essere un pioniere e un innovatore, di cui vale la pena sentire la storia. Il suo ristorante di Tokyo, «Elio Locanda Italiana», ha compiuto venti anni ed è rimasto unico, senza repliche. Per lui sarebbe stato facile, una volta ottenuto il successo, collegarsi con una società partner giapponese per creare una rete di ristoranti in sostanziale franchising, con compromessi sulla qualità e sul servizio. Invece la sua esperienza sfata un mito duro a morire: che in Giappone sia necessario avere partner locali per sfondare. Lui è proprietario al 100% del suo business e parla del personale come della «sua famiglia», con cui ogni anno condivide la metà dei profitti. Ragazzi che conosce personalmente e “importa” dalla sua Calabria, oppure che sceglie appena usciti dalle scuole del Giappone rurale e ai quali dà un’educazione professionale che contempla spedizioni in Calabria e lezioni di italiano.

Il secondo mito incrinato è quello secondo cui le banche e il sistema sarebbero allergici a supportare imprenditori non giapponesi che vogliano fare da sé. Non è sempre stato così. Elio ricorda di esser stato scioccato dalle difficoltà incontrate alla metà degli anni '90. Dopo alcuni anni in cui aveva lavorato da privilegiato in un Paese che si avviava al tramonto della «bubble economy» ma in cui si potevano ancora fare tanti soldi, pensava di avere le carte in regola per conquistare da solo la sua America in Giappone. «Ricordo che alla Sakura Bank, invece di accogliere la mia richiesta di crediti, mi dissero: se sei uno chef tanto bravo, perché non te ne torni in Italia?». Non avendo un «track record» da imprenditore, trovò le porte sbarrate e sospettò i giapponesi di razzismo. Ma non si perse d’animo. E nel 2011 ebbe insieme le esperienze peggiori e migliori della sua vita, fino a convincersi di voler vivere per sempre in Giappone anziché cominciare a programmare il ritorno in Italia.

Per espandere il business si era fortemente indebitato (sì, dopo 15 anni di positive dimostrazioni, le banche gli avevano aperto i rubinetti) per comprare un palazzo da dedicare ad attività di catering, inaugurate all’inizio del marzo 2011. Aveva prenotazioni per molti mesi. L’11 marzo aveva il suo più importante catering, per 650 persone, all’American Club. Ma alle 14.46 ci fu il terremoto seguito dallo spaventoso tsunami. L’evento saltò, le prenotazioni furono cancellate in massa, alla Locanda Italiana non andava più nessuno. Che fare dei container di cibo appena arrivati dall’Italia? Elio decise di aiutare le popolazioni del Tohoku, scegliendo di “adottare” la cittadina di Rikuzentakata, completamente distrutta. E finì per scoprire gli aspetti migliori del sistema-Giappone.

«In una situazione del genere credo che in Italia le banche mi avrebbero strangolato. Si sarebbero presi il palazzo per poi rivenderlo in perdita anche per loro. E cento famiglie, comprendendo l’indotto, avrebbero perso di che vivere – racconta –. Invece le banche mi chiamarono e mi dissero: Elio, sappiamo che sei una persona seria. Non preoccuparti del debito principale: pagaci solo gli interessi periodici. E il governo varò iniziative per aiutare le piccole aziende che avevano perso oltre il 30% del fatturato ed erano in difficolta' con il cash flow: prestiti a interessi zero da restituire sul lungo termine». Passò quindi la bufera. «Fu allora che decisi che dovevo ripagare il Giappone con nuovi progetti».

I più interessanti sono stati due. Anzitutto, una fattoria biologica in Hokkaido, dove ha trasferito mastri casari del Sud Italia – con attrezzature italiane – che fanno con il latte locale burrate, mozzarella e caciocavallo biologici. Mai uno straniero aveva chiesto una licenza per lavorare il latte, ma Elio non si perse d’animo e riuscì con la sua caparbietà a strapparla: le autorità locali capirono che la tanto sospirata «rivitalizzazione delle economie periferiche» – in un Giappone troppo concentrato sulle maggiori aree urbane – può arrivare anche dalle idee originali di uno straniero. Dai prodotti caseari il passo verso i salumi è stato spontaneo, sempre sotto il concept di utilizzare le migliori materie prime biologiche giapponesi per realizzare prodotti radicati nella tradizione culinaria artigianale italiana «come li faceva mio nonno».

Così oggi in una fattoria del Tokachi, la principale regione agricola dell’Hokkaido, si produce un’ottima cinta senese. Elio non si ferma e pensa a nuovi progetti: da un agriturismo in Hokkaido alla coltivazione di verdure biologiche, fino a nuove frontiere della salumeria di qualità con i maialini neri dell’isola settentrionale. Certo il Giappone non è l'America, nel senso che l’avvio e il management di nuovi business appare certo più complicato. Ma non impossibile. E in Hokkaido sono contenti che a rilanciare l’economia agricola locale – sotto pressione a causa dei Free Trade Agreement – sia arrivato un calabrese a produrre, da loro, burrate, caciocavallo e ’nduja.

Guarda il video su Stream24: Incredibile ma vero: il caciocavallo silano dell’Hokkaido

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